“Quando girammo Todo Modo, Volonté divenne evanescente, camminava come se fosse sulle nuvole, parlava a bassa voce, non ti guardava negli occhi, tutto preso com’era dal personaggio di Moro. A nessuno venne in mente di constatare che in fondo, nel film, ci voleva un certo coraggio a prendere un uomo politico, analizzare il suo comportamento face-to-face, e trasformarlo nella maschera dello sfascio, della catastrofe”. Con queste parole – e l’amara considerazione di aver dato vita a un personaggio e a un film
incompresi – Elio Petri ricordava, in una pagina di diario, la simbiosi raggiunta tra uno degli attori simbolo del suo cinema, Gian Maria Volonté, e il personaggio politico più importante del momento, a cui Volonté non aveva semplicemente prestato il volto, ma dato letteralmente carne e ossa sul grande schermo: il segretario della Democrazia Cristiana, fautore del compromesso storico, Aldo Moro, a pochi mesi dal suo sequestro e il suo assassinio da parte delle Brigate Rosse.
Un film che si inserisce a pieno titolo in quell’indefinito – eppure chiarissimo – filone del cinema italiano capace di anticipare e profetizzare fatti centrali della nostra storia: è del 1974 il romanzo Todo Modo, in cui Leonardo Sciascia raduna in isolati momenti di “esercizi spirituali” i notabili dell’Italia dell’epoca, rinchiudendoli in una sorta di prigione dorata dove la morte (violenta) si fa improvvisamente padrona del campo.
Due anni dopo – il film esce nell’aprile del 1976 – Elio Petri realizza il suo Todo modo, affidando appunto a Gian Maria Volonté quella che, nella stessa pagina di diario, descrive come “una maschera che simboleggiasse tutti i democristiani” e affiancandogli un inusuale e sorprendente Marcello Mastroianni nel ruolo del prete Don Gaetano, vero cardine del romanzo di Sciascia.
Un film scomodo fin da subito, un film che diviene maledetto dopo il Caso Moro (il leader della DC viene sequestrato il 16 marzo 1978), che ne decreta di fatto la sparizione e un oblio lungo quasi quarant’anni.
Ora Todo Modo torna a vivere alla 71ª Mostra del Cinema di Venezia, grazie al restauro (in programma martedì 2 settembre alle ore 17 in Sala Volpi e in replica mercoledì 3 settembre alle ore 11) realizzato dalla Cineteca di Bologna e dal Museo Nazionale del Cinema di Torino, in collaborazione con Surf Film. Un restauro che si inserisce nel solco di un ampio lavoro di recupero dell’opera di Elio Petri che la Cineteca di Bologna e il Museo Nazionale del Cinema di Torino stanno realizzando in questi anni (ricordiamo che nel 2013 proprio un restauro di Elio Petri, La proprietà non è più un furto, vinse il Leone della sezione Venezia Classici).