Arlecchino in prova.

Dal 6 novembre al teatro Ambra Jovinelli di Roma, arriva l’Arlecchino di Paolo Rossi. Il titolo di questo spettacolo avrebbe potuto anche essere Opinioni di un Arlecchino, sicuramente influenzato dal romanzo di Heinrich Böll.

20140529-rossirgbCosì è. Capitano nella vita libri nei quali è inevitabile identificarsi con la vita del protagonista. E capita anche che ti venga voglia di riraccontarla, raccontando te stesso o viceversa.

“Certo, nell’opera di Böll – afferma Paolo Rossi -, il clown si serviva di una maschera per far critica a un paese che stava nel cuore di un miracolo economico; per il mio Arlecchino la situazione è capovolta. Il mio Arlecchino, anche se suggestionato da un racconto, è una questione molto personale. Anni fa Giorgio Strehler, con cui ebbi l’onore di collaborare nei suoi ultimi anni di vita, mi spinse a confrontarmi con questa maschera. Mi diede alcuni consigli illuminanti: cerca di adattare al saltimbanco i tuoi monologhi da stand-up. Che cosa resterà? Da lì improvvisa e assembla… non essere filologico, fallo tuo, se proprio vuoi pensa al primo Arlecchino, quello che andava e veniva dall’aldilà all’aldiquà, più infernale e sulfureo”.

“Sarà uno spettacolo del tipo in prova – assicura il regista -. Assieme a un paio di compagni d’avventura, saltimbanchi musicanti, cercheremo di immaginare insieme al pubblico come adattare a commedia dell’arte il nostro mestiere e anche parte del nostro repertorio; come possiamo trovare nuove strade, dati i tempi in cui vivono i nostri teatri”.

Il canovaccio avrà un tormentone: ma se andassimo in una birreria di Amburgo, come potremmo adeguare Arlecchino a quel luogo per sbarcare il lunario? E se andassimo a Las Vegas? O a Khartoum? E così via… Alla fine sarà il pubblico che deciderà se dobbiamo rimanere o è meglio andare chissà dove.

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