‘La scelta’ di Raoul Bova.


Raoul Bova è il protagonista maschile di ‘La Scelta’ diretto da Michele Placido, al cinema dal 2 aprile con Lucky Red, ispirato al testo teatrale di Luigi Pirandello ‘L’innesto’. Raoul Bova è Giorgio, marito di Laura (Ambra Angiolini).

lascelta_30_20150304_1294153417Impegnato nell’ultimo anno e mezzo sul set di ben sette film, con Michele Placido ne La Scelta, Raoul torna a misurarsi con un ruolo drammatico di grande profondità.

Come sei stato coinvolto in questo progetto?
“Michele Placido cercava da tempo un progetto adeguato che ci permettesse di tornare a lavorare insieme dai tempi de La Lupa di Gabriele Lavia, ben diciotto anni fa. Un giorno mi ha chiesto di leggere L’innesto di Pirandello, un testo che ho apprezzato molto, così come ho poi apprezzato la sceneggiatura, in cui la vicenda originale viene trasportata ai nostri giorni. Ne La scelta si racconta di una coppia che non è più la stessa a seguito di un evento traumatico subito dalla donna: i rapporti cambiano, non c’è più lo stesso rispetto, la stessa considerazione. Mi sono sentito molto gratificato nell’indossare i panni del protagonista, Giorgio. È un ruolo molto difficile e impegnativo, di grande responsabilità, quello di un uomo contrastato che vive tante contraddizioni, è moderno ma tradizionale al tempo stesso. Ama moltissimo la sua compagna, desidera fortemente un figlio che rappresenti l’unione tra le loro anime, vorrebbe reagire agli eventi in un modo ma dentro di sé ha un’altra realtà che pulsa: da una parte c’è l’orgoglio, la tradizione, il disonore, dall’altra un amore fortissimo che lo porterebbe a starle vicino, a ritrovare l’intimità con lei ma non riesce a farlo, sente nascere i dubbi e la rabbia, che lo portano a scelte istintive, non razionali e non troppo giuste. Da un punto di vista emotivo, Giorgio è un personaggio che cresce incredibilmente: esprime tutti i limiti che ha l’essere umano – l’egoismo, l’orgoglio – per poi andare oltre questi limiti. Mettermi a confronto con realtà e limiti umani, affrontare e sviscerare queste dinamiche ha rappresentato un bellissimo viaggio”.

ACC_1599 copiaChe tipo di percorso emotivo c’è stato?
“Era da tempo che non provavo una sorta di paura reverenziale verso un personaggio e che non mi sentivo nella condizione di non essere adatto ad un ruolo. È un percorso che ho cercato in maniera profonda, come attore amo intraprendere una strada in crescita per arrivare a certi meccanismi drammatici e forti, soprattutto se questi riguardano la sfera dell’amore. Ho sentito che si trattava di una bellissima storia di sentimenti e di una dimostrazione di grande amore nei confronti del partner di lavoro, e così ho chiesto a Placido di fare delle letture insieme ad Ambra Angiolini in cui abbiamo esaminato la storia, i personaggi, le intenzioni, il modo di approcciarsi. Una volta sul set, Michele ci ha rispettato nel percorso personale che stavamo compiendo, ci diceva se stavamo andando bene o male, ma non ha imposto mai un tipo di recitazione particolare, ci ha lasciato molta libertà di andare per la nostra strada nel profondo. Credo sia una sensibilità tipica dei registi che sono anche attori, perché riescono a capire dove gli interpreti si sentono più deboli (e quindi dove vanno rassicurati e stimolati) e ad infrangere quel muro che a volte si crea fatto di convenzione, timidezza o paura di vivere situazioni che sono eccessive rispetto alla portata della propria esperienza personale. A volte il porsi psicologicamente in una situazione “al limite” ti porta ad avere paura di provare certe emozioni e sensazioni, se un attore le ha sperimentate davvero nella vita tende a chiudersi ma in quel caso arriva in soccorso la sua generosità per capire quanto il personaggio ha bisogno della sua dedizione completa di cuore e anima”.

Che tipo di coesione si è creata sul set con Ambra Angiolini?
“Ambra è una bravissima attrice, molto sensibile, non ha avuto nessun bisogno di aiuto particolare ma semmai di collaborazione creativa; eravamo entrambi molto “dentro” ai nostri personaggi e il fatto che ognuno riflettesse la verità e la passione forte al proprio carattere aiutava a crederci ancora di più. Credo che lei si sia data completamente al suo personaggio, in modo importante e profondo”.

ACC_1672 copiaCome si è trovato invece con Michele Placido?
“Sappiamo tutti che è un grandissimo attore, ma penso che come regista sia ancora più bravo. Quando lavori con un tuo collega e lo stimi, lo apprezzi, lo ammiri come regista, finisci col viverlo come qualcosa in più, come un fratello che ti aiuta a superare i tuoi limiti. Ho percepito da parte sua il rispetto totale, l’importanza che dava al mio lavoro di immedesimazione, ha messo in pratica tutte quelle regole importanti che danno valore all’impegno di un interprete e questo è molto bello perché non succede troppo spesso. Mi chiedo se come attore non abbia sempre voluto questo dai suoi registi senza però ottenerlo sempre. Placido ha comunque sempre ben chiaro quello che vuole, conosce tutte le difficoltà del nostro mestiere, sa aiutarti, infonderti fiducia e serenità ed è sempre aperto ai possibili suggerimenti dei suoi attori, si lascia sorprendere da quello che fai e si fa venire delle idee rispetto a quello che potresti fare, dandoti la possibilità di documentarti. Questo ha dato vita ad un eccellente lavoro di collaborazione: grazie a lui sono riuscito a dare cuore e anima ad un personaggio difficile e a una storia d’amore intensa come poche.
È un onore per me essere stato cercato e voluto da lui, avevo proprio bisogno di un progetto del genere in questa fase della mia vita. Si tratta di un film d’autore lontano da ambizioni biecamente commerciali o da grandi budget. Su alcune scene Michele si intestardiva, voleva l’emozione sincera; ricordo ad esempio che una volta, mentre stava filmando un dialogo su un letto, si è accorto che avevo le lacrime agli occhi e ha subito stretto molto con l’obiettivo su un primo piano: era lo stato d’animo giusto”.

Pensi che quelli affrontati nel film siano temi eterni?
“Pirandello mi piace molto, non è facile, è un autore ricco di sfumature. L’innesto è un testo scritto quasi 100 anni fa, in un’epoca in cui erano molto più forti la figura femminile, l’atmosfera del paese, la concezione di violenza sulla donna. Nella sceneggiatura Placido è rimasto sostanzialmente fedele al testo, soprattutto per i passaggi psicologici.
La storia è attuale come se fosse stata pensata oggi, ci sono in campo temi importanti come l’amore, il dramma di una violenza, un figlio e l’eterno dilemma sulla gravidanza da portare a termine o meno. Il dramma con l’amore sofferto è sempre attuale: è l’importanza di superare le difficoltà dell’amore, di guardare l’altro piuttosto che se stessi, capire la realtà della situazione obiettiva piuttosto che capire solo quello che è giusto per se stessi”.

ACC_1584 copiaPensi che il film abbia i presupposti per catturare un pubblico vasto da un punto di vista emotivo?
“Certo, per fortuna di recente ha avuto successo un bel film come Il giovane favoloso, dedicato da Martone a Leopardi: c’è da essere ottimisti su un progetto che affronta un altro grandissimo autore del nostro passato. Penso che si tratti di un omaggio a Pirandello compiuto col dovuto rispetto perché è fedele al messaggio che manda l’opera originale. Abbiamo provato a raccontare un’opera che è stata sensazionale, piena, ricca e che abbiamo cercato di far rivivere umilmente. Nel nostro cinema oggi sono molto in voga le commedie d’evasione, ma l’essere umano ha sempre bisogno di evolversi, per cui accanto al divertimento spensierato siano le benvenute anche quelle opere in cui il pubblico si ferma a riflettere”.

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