‘La scelta’ di Ambra Angiolini.


Ambra Angiolini è la protagonista femminile di ‘La Scelta’ diretto da Michele Placido, al cinema dal 2 aprile con Lucky Red, ispirato al testo teatrale di Luigi Pirandello ‘L’innesto’. Ambra è Laura, moglie di Giorgio (Raoul Bova).

LaScelta_ManifestoAttualmente è impegnata in teatro con lo spettacolo La misteriosa scomparsa di W, tratto dal romanzo omonimo di Stefano Benni. Con La Scelta di Michele Placido ritorna ad interpretare un intenso ruolo drammatico.

Come sei stata coinvolta in questo film?
La produttrice Federica Vincenti è venuta a vedermi a teatro a Roma nello spettacolo di Stefano Benni La misteriosa scomparsa di W, portando con sé suo marito Michele Placido, che si è complimentato a lungo sorprendendomi per il suo entusiasmo. Mi ha detto subito che gli sarebbe piaciuto, avendone l’occasione, coinvolgermi per qualche evento a teatro. Una ventina di giorni dopo, con mio grande stupore, ricevo una telefonata di Michele in cui mi proponeva di vestire i panni di Laura, la protagonista del suo film.

Che cosa hai pensato dopo aver letto il copione?
Ho sentito subito che si sarebbe trattato di una bella sfida e che avrei voluto provare a vincerla. Ho letto prima L’innesto, il testo di Pirandello a cui Michele si è ispirato, e poi attraverso la sceneggiatura di Giulia Calenda ho capito quale sarebbe stata l’emotività giusta da cercare. Non è stato facile riuscire ad avvicinarsi al personaggio, però non mi sono spaventata; ho davvero vissuto come una grande occasione il poter lavorare con un regista come Michele Placido. In un certo senso è stato come essere catapultata in una favola: stai camminando per strada e all’improvviso ti scritturano per un film!

ACC_1646 copiaChe cosa ti piace del tuo personaggio?
È stato un lavoro importantissimo e difficile, come credo sia per tutte le attrici impegnate a raccontare, con sfumature particolari, il tema della maternità: un ruolo così complesso e maturo come quello di Laura lo aspettavo da anni.
Non ho scelto di interpretarlo solo perché sono stata colpita dal personaggio: ero attratta dalla dinamica di coppia di due persone che si conoscono e si amano da dieci anni, e che si trasformano a causa di un evento tragico, riuscendo però a mantenere vivo il loro amore. Era curioso per me vedere questi due personaggi che partono da una condizione di fragilità e diventano poi forti, verificando come quella che dovrebbe essere la vittima sembra poi il carnefice.
Laura accetta meglio questa trasformazione rispetto a Giorgio, la forza di questa donna, che a volte è davvero ridondante, finisce col fare diventare il marito estremamente umano e fragile, quasi come a voler proteggere più lui che lei. Credo che questo sia molto interessante. È difficile portare sullo schermo una storia trasformando quello che dall’inizio sembra ovvio. Siamo di fronte a una vicenda dove c’è una persona che subisce un evento grave, identificata chiaramente dallo spettatore come la vittima, ma poi vediamo questa persona trasformarsi in qualcosa di meno ovvio e meno limpido, in qualcosa di più difficile e complesso. Ci sono stati dei momenti in cui ho pensato che la vittima fosse Giorgio, il marito, con la sua fragilità che rappresentava una chiave interessante, credo mai raccontata prima. Si, si è trattato di una bella scommessa!

ACC_1677 copiaCome ti sei trovata sul set con Michele Placido?
Volevo lavorare con lui da tempo. Lo avevo incontrato sul set di Viva l’Italia di Massimiliano Bruno, ma la nostra all’epoca non fu una conoscenza profonda. Ho scoperto che con lui si impara sempre tanto, sia professionalmente che umanamente, bisognerebbe trasformare Michele in un… aggettivo, in un modo di essere. Lui è troppa roba insieme per poterlo descrivere adeguatamente! Quando sei sul set, in pochi attimi ha già visto quello che tu stai per fare e sa già dove ti sta portando mentre tu, ignara, pensi di aver finito lì… Ha un temperamento che per forza di cose ti divora e tu devi avere l’umiltà di dire “fai tu”, anche quando sembra eccessivo, anche se quello che ti dice sembra “troppo” in realtà è funzionale a quello che tu vedrai succedere. Sul set devi diventare un po’ spettatrice per evitare di farti travolgere dal “ciclone”.

E con Raoul Bova?
Non era la prima volta che Raoul e io lavoravamo insieme, ma era la prima in cui dovevamo raccontare una storia d’amore; in passato avevamo sempre recitato i ruoli di due amici o di “amici degli amici”, mentre qui dovevamo dar vita ad una coppia e per me è stato molto interessante fare questo pezzo di strada con lui. Ci sentivamo entrambi fragili, sia per quello che i nostri personaggi dovevano fare, sia per le insicurezze di fronte alle quali ci poneva la prova a cui eravamo chiamati, in sé difficile. Abbiamo avuto lo stesso tipo di approccio al film e questo ha facilitato la comprensione del lavoro dell’altro. Abbiamo condiviso gli stessi timori ed entrambi non eravamo certi di farcela: questo ci ha reso più comprensivi e disponibili l’uno nei confronti dell’altra. Ad un certo punto il coinvolgimento emotivo nel film e l’immedesimazione con i personaggi era tale che la tensione tra Laura e Giorgio si rifletteva su di noi, rendendoci tesi e scontrosi in alcuni momenti.

ACC_1655 copiaCi sono stati momenti del set che ti hanno colpito in modo particolare?
Si è trattato di un film pieno di eventi e situazioni. Non c’è stata una sola mattina in cui io mi sia svegliata senza pensare che questa esperienza mi avrebbe preso tutto quello che doveva prendersi. Andavo ogni giorno al lavoro con questo atteggiamento e quindi anche le scene che sulla carta sembravano più “leggere”, a fine giornata si rivelavano poi le più profonde e dolorose in cui ero andata a scavare. A Bisceglie Michele è riuscito a coinvolgere tutti con la sua grande energia, mangiavamo a casa della gente che ci portava il caffè sul set, in uno strano miscuglio tra finzione e realtà. Nei vicoli della città la vita proseguiva normalmente ma Michele faceva in modo che la gente del luogo si avvicinasse a noi con fiducia, senza vederci come persone inarrivabili, e familiarizzasse in maniera reale e schietta, al di là dei ruoli.
Michele mi aveva coinvolta nei sopralluoghi in città, prima dell’inizio delle riprese. È stato molto divertente scoprire alcune location con lui e scoprire poi, in fase di riprese, che sentivo quei luoghi già miei: la Laura che interpretavo doveva muoversi con disinvoltura nel contesto della città, tutto mi sembrava familiare, ho capito solo strada facendo che gran parte del lavoro di immedesimazione lo avevo già fatto qualche settimana prima con il mio regista…

Che tipo di approccio psicologico hai avuto verso il personaggio?
Non sono il tipo di attrice che passa attraverso uno schema che possa funzionare. Una storia come quella de La scelta la devi raccontare facendoti travolgere e “sporcandoti” le mani: puoi anche soffrire per finta, non recitare ma simulare qualcosa che somigli alla realtà, ma in fondo è più interessante lasciarsi andare, come quando ti ritrovi di fronte all’acqua gelata e dopo il sospetto e la diffidenza iniziale alla fine ti tuffi… Avevo paura ma avevo bisogno di non usare filtri. Avevo trovato la mia “casa”, rappresentata da Michele, e l’arredamento lo costruivo strada facendo. Non ho mai pensato di arrivare sul set con il “compitino” già fatto, di piangere a comando o di incarnare l’eroina che finalmente viveva un ruolo drammatico. Mi piaceva tanto l’idea di questo amore che voleva cambiare i codici, di un sentimento che si spogliava del giudizio degli altri. È uno dei motivi per cui le grandi storie finiscono, si dice basta e gli altri accettano quello che noi comunichiamo all’esterno; trovare due personaggi che potevano raccontare così bene questa dinamica ha rappresentato per me qualcosa di liberatorio. Ti devi fidare, avere il coraggio di dire agli altri “per noi va bene così, funziona così”, ed ecco un amore più unico, difficile da clonare, non fatto di omologazione, bisogna amare come abbiamo deciso io e te e non con tutto quello che la società decide che è giusto o sbagliato…”.

ACC_1630 copiaA film finito cosa pensi?
Mentre recitavo non sono mai riuscita a pensare a quanto mi piacesse Laura, che era la metà di una storia a due. Quando ho visto il montaggio finale, in alcuni momenti non riuscivo a capire dove stesse portando il racconto, avendo in testa i momenti delle riprese, e pur conoscendo a memoria libro e sceneggiatura, mi ha stupita persino il finale! Guardando il film, mi sono resa conto di conoscere la storia soltanto in parte. Ho ormai imparato a non guardare un film giudicandomi o lasciandomi andare ai rimpianti. Per prima cosa ho tentato di togliermi di mezzo, ho fatto in modo di non pensare a me, di non avere giudizi, di non elaborare; mi sono lasciata andare, concentrandomi su Raoul e sulla storia e quello che ho visto era ancora un altro film: alcune situazioni di sceneggiatura sono state risolte in modo sorprendente. Alla fine ho condiviso molti tagli e molte scelte, alcune immagini e cose da raccontare o da non raccontare più, ho capito che quelle decisioni hanno portato il film in una direzione precisa e le ho condivise.

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