Presentato a Roma ‘Noi siamo Francesco’ di Guendalina Zampagni; una storia divertente e commovente, in cui l’amicizia si rivela più forte dell’handicap.
Un film che nasce da storie vere e che vede protagonisti Elena Sofia Ricci, Mauro Racanati, Gabriele Granito, Mariolina De Fano, Cristiana Vaccaro, Diletta Acquaviva, Gelsomina Pascucci, con la partecipazione di Paolo Sassanelli e con la partecipazione straordinaria di Luigi Diberti nel ruolo del dottor Valenti, al cinema giovedì 25 giugno, distribuito da Microcinema Distribuzione.
Prodotto da Arancia Cinema ‘Noi siamo Francesco’ è un delicato e commovente racconto su un ragazzo che riesce a superare il suo handicap e a condurre pienamente la sua vita, anche grazie ad amici che tutti vorrebbero avere. Il film, che ricorda le atmosfere di classici come Forrest Gump, Il mio piede sinistro e The Sessions – Gli incontri, segna l’esordio alla regia di Guendalina Zampagni, ed è interpretato da un cast eterogeneo, formato da attori affermati e giovanissimi.
Il film, come racconta la regista, nasce dalle storie reali che ha ascoltato. “Attraverso testimonianze vere di ragazzi disabili, ho maturato questa storia. Anche le difficoltà che la madre del nostro film incontra nell’aiutare il figlio ad avere una vita intima autonoma e soddisfacente, sono tratte da testimonianze vere. Sono certa che questa storia sia piena di amore, vitalità e leggerezza, e con un po’ di presunzione ritengo che sia anche necessaria. L’ironia inaspettata dei disabili che ho incontrato, mi ha dato il coraggio e la certezza che, dopo il primo impatto di disagio, sarebbe stato semplicemente il ‘banale’ fatto che siamo tutti, qualsiasi sia la nostra condizione fisica, pieni delle stesse paure e degli stessi desideri. E che la storia di Francesco, il mio protagonista nato senza gli arti superiori, potrebbe essere benissimo quella di un ragazzo ‘normale’. In fondo, ho semplicemente raccontato una storia d’amore”.
L’attrice protagonista, Elena Sofia Ricci, conferma le parole della regista, sostenendo che “Guendalina Zampagni è riuscita a raccontare con naturalezza e con uno sguardo felice un tema così delicato e mi ha dato la possibilità di interpretare una madre sensibile, ma al tempo stesso forte nel suo difficile ruolo, un personaggio che non ha paura di sbagliare, di contraddirsi, di amare e proteggere il figlio, fino al limite di dimenticarsi di se stessa, di dimenticare di amarsi e proteggersi a sua volta”.
Nel film, Francesco non ha ancora mai vissuto le gioie dell’amore, e questo, a oltre vent’anni, è ormai diventato un problema… ma, con l’aiuto dell’inseparabile amico Stefano, Francesco troverà la strada per vivere serenamente la sua prima volta, con l’intraprendenza che appartiene alla sua età e superando gli ostacoli, le paure e le insicurezze causate dalla sua disabilità.
“Ci preoccupiamo – continua la regista – di insegnare ad un soggetto disabile a prendere l’autobus, ad usare i soldi o a vestirsi da solo, ma ben poco ci occupiamo della sua sessualità, cercando di capire se ne abbia presa coscienza, se abbia interiorizzato le potenzialità, se abbia compreso i limiti”. “E tuttavia se ognuno di noi pensa a quanto gli affetti, l’amore, siano centrali nell’esperienza di vita, non si può pensare che anche questa sia una dimensione che possa essere negata alle persone disabili. E comunque non si può parlare della sessualità del disabile senza parlare della propria”. Questo tema così difficile e delicato è anche estremamente attuale. Ci sono molti dibattiti sull’argomento e le risposte non sono per niente facili e scontate.
“L’ironia inaspettata dei disabili che ho incontrato lavorando lungamente a questo progetto – conclude Guendalina Zampagni -, mi ha dato il coraggio e la certezza che, dopo il primo impatto di disagio, quello che sarebbe rimasto fondamentalmente guardando il film sarebbe stato semplicemente il ‘banale’ fatto che siamo tutti, qualsiasi sia la nostra condizione fisica, pieni delle stesse paure e degli stessi desideri. E che la storia di Francesco, il mio protagonista che è nato senza gli arti superiori, potrebbe essere benissimo quella di un ragazzo ‘normale’”.