Tutti hanno diritto a una difesa. Anche le spie.

Al cinema dal 16 dicembre ‘Il ponte delle Spie’. Dal regista Steven Spielberg su sceneggiatura di Matt Charman e dei fratelli Ethan e Joel Coen, un thriller drammatico che narra la storia di James Donovan (Tom Hanks), un famoso avvocato dell’assicurazione di Brooklyn che si ritrova al centro della Guerra Fredda quando la CIA lo ingaggia per un compito quasi impossibile: la negoziazione del rilascio di un pilota americano dell’U-2.

ST. JAMES PLACEFino a oggi tanti sono stati i film sulla caduta del muro di Berlino e il periodo successivo, ma pochi quelli che raccontano la costruzione del muro. Ne ‘Il Ponte delle Spie’ si assiste alla costruzione, mattone per mattone, di quello che segnerà il confine tra Occidente ed Est Europa per quasi 30 anni.

Nel corso della sua carriera, il regista Steven Spielberg si è occupato spesso di importanti avvenimenti storici. Appassionato di storia, conosce le vicende della Guerra Fredda da quando era bambino, dato che suo padre gli parlava dell’acredine e della sfiducia che esisteva fra Stati Uniti e Unione Sovietica.

“Mio padre era andato in Russia durante la Guerra Fredda, dopo la cattura di Francis Gary Powers”, racconta Spielberg. “Mio padre e altri tre colleghi della General Electric stavano facendo la fila per vedere i resti dell’aereo spia U2 che i russi avevano messo in mostra per chi volesse vederli, e che comprendevano anche l’uniforme da volo e il casco di Powers. BRIDGE OF SPIESLa fila era molto lunga, ma a un certo punto due militari russi si avvicinarono a lui e ai suoi amici, chedendo loro i documenti; quando si resero conto che erano americani, li portarono all’inizio della fila, non per agevolarli, ma per indicargli i resti dell’aereo e ripetergli, più volte, con astio: ‘Guardate cosa sta facendo il vostro Paese’!’ Poi restituì i passaporti a tutti e quattro.

“Non ho mai dimenticato quella storia”, dice Spielberg, “così come non ho dimenticato ciò che è accaduto a Francis Gary Powers”. Erano gli anni febbrili della Guerra Fredda, una guerra che non si combatteva con lo scontro fisico, bensì attraverso le parole e la divulgazione di informazioni. In quel periodo, la propaganda anti comunista, i video promozionali della tecnica di autodifesa “Duck and Cover” (che suggeriva di buttarsi in terra e coprirsi la testa con le mani in caso di attacco nucleare), e il sensazionalismo mediatico intorno a eventi come il processo Rosenberg, non facevano altro che alimentare la paura e l’odio in tutto il Paese, un odio generato dalla paura dell’ignoto. Nessuno poteva dirsi al sicuro, ed era certamente il periodo peggiore per sostenere la difesa di una spia russa.

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Il drammaturgo e scrittore televisivo londinese Matt Charman si è incuriosito dell’argomento, leggendo una nota a pié di pagina all’interno di una biografia su John F. Kennedy, che menzionava un avvocato americano che il Presidente aveva inviato a Cuba per negoziare il rilascio di 1113 prigionieri. Una rapida ricerca gli ha rivelato un nome che non conosceva: James Donovan, un brillante avvocato assicurativo, originario di Brooklyn. Ma è la storia di ciò che era accaduto qualche anno prima, ad aver suscitato maggiormente il suo interesse. Durante la Guerra Fredda, Donovan aveva difeso un agente sovietico accusato di spionaggio, perché nonostante fosse specializzato in legge assicurativa e non avesse alcuna esperienza di cause penali, gli era stato chiesto di negoziare la libertà di uno dei prigionieri più importanti della storia.

Charman non conosceva bene i meccanismi dell’industria del cinema. Tuttavia è volato a Hollywood nella speranza di convincere uno studio a realizzare un film basato sull’interessante storia vera di Donovan. Anche se il ruolo svolto da Donovan non fosse granché presente negli annali della Guerra Fredda, Charman ha presentato alla DreamWorks Pictures la storia avvincente di un uomo idealista che si batte per la sicurezza nazionale, facendosi largo fra segreti e sotterfugi. Gli executives della DreamWorks ne sono rimasti subito conquistati.

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