Il 12 maggio arriva nei cinema italiani distribuito da Eagle Pictures The Boy, l’horror diretto da William Brent Bell che rinnova la tradizione dei pupazzi maledetti, ma lo fa riservando diverse sorprese perfino allo spettatore più attento al filone.
Ben conosciuto dal pubblico esperto in cinema horror grazie al videoludico Stay Alive e ai mockumentary L’altra faccia del Diavolo e La metamorfosi del male, William Brent Bell decide questa volta di confrontarsi con un horror più classico, nello stile e nelle tematiche. Le prime inquadrature di The Boy già sono una dichiarazione d’intenti ben evidente: la campagna inglese, un’antica magione, angoli bui, scalinate immense. Siamo nel territorio del gotico e la localizzazione geografica nel vecchio continente suggerisce come riferimento primario il cinema della cara e vecchia Hammer Film Productions. Infatti le atmosfere decadenti, i continui giochi con i chiaroscuri e i ritmi sostenuti che mirano alla costruzione delle suggestioni molto richiamano i migliori film della celebre casa di produzione britannica.
La sceneggiatura di Stacey Menear, però, non racconta le gesta di nobili vampiri o folli scienziati vogliosi di sostituirsi a Dio, ne va a somigliare al barocchismo di Guillermo Del Toro che aveva omaggiato la stessa tradizione con Crimson Peak, ma si immerge nel presente di una giovane americana in cerca di fortuna in Gran Bretagna. Greta – così si chiama la protagonista – viene assunta in prova dagli anziani coniugi Heelshire come governante del loro bambino, Brahms. Quando arriva nella loro grande casa nella campagna della provincia inglese, Greta si rende conto però che Brahms non è un bambino di otto anni, come descritto nell’annuncio, ma un bambolotto che riproduce, a grandezza naturale, le fattezze di un bambino. Malcom, il ragazzo delle consegne che frequenta casa Heelshire, spiega a Greta che i due anziani hanno perso il loro Brahms in un incendio 20 anni prima e ora sono convinti che lo spirito del defunto figlio sia in grado di comunicare con loro attraverso quel pupazzo. Inizialmente scettica, Greta deve pian piano ricredersi quando viene lasciata da sola per alcuni giorni con Brahms e le viene consegnata una lista con delle regole da seguire per accudire il bambolotto.
Per tre quarti della sua durata The Boy gioca con le suggestioni, porta lo spettatore a immedesimarsi con Greta, a guardare la vicenda attraverso i suoi stessi increduli occhi, che da scettici, pian piano, si fanno sempre più partecipativi in una storia che scivola nel soprannaturale. Rumori, oggetti fuori posto, apparenti dispetti fanno si che la ragazza abbracci l’impossibile e il suo, forse troppo repentino, autoconvincimento che qualche cosa di paranormale sia nell’aria è giustificato dal suo passato turbolento. Una relazione sbagliata e una gravidanza fallita servono a soddisfare la voglia di responsabilità, affetto e maternità di una donna che finalmente trova uno scopo nella sua vita.
Poi The Boy ha una svolta che sicuramente farà felici i fan dell’horror, riesce ad abbracciare con una certa verve creativa altri filoni del cinema di paura e dall’inquietudine passa all’orrore di pancia, meno sottile ma non per questo meno efficace.
Ottima la prova di Lauren Cohan, conosciuta sul piccolo schermo per essere uno dei volti principali della serie Tv The Walking Dead, che qui regge sulle sue spalle l’intero film trasmettendo con efficacia la gamma di emozioni che attraversano Greta nella sua terrificante avventura. E riuscito Brahms, un bambolotto dal look così da bravo ragazzo da suscitare i brividi solo a guardarlo!