1994, l’anno delle restaurazione

Nel 1994 l’Italia cambia per sempre: è l’anno della restaurazione. Lo sa bene Leonardo Notte (Stefano Accorsi): ha capito che conquistare il potere è difficile, ma mantenerlo è davvero una missione impossibile. Così come sembra impossibile per Pietro Bosco (Guido Caprino) riuscire a cambiare: anche ora che ha un ufficio al Viminale, non riesce ad abbandonare i suoi vecchi difetti, né riesce a dimenticare l’unica donna che ha davvero amato. Veronica Castello (Miriam Leone) deve infatti decidere chi sarà il suo compagno di vita, ma nel frattempo capisce che non vuole più essere solo la donna di uomini potenti e inizia così a giocare in prima persona la partita per il potere, diventando una parlamentare.

Al via dal 4 ottobre su Sky “1994”, l’ultimo capitolo della trilogia Sky Original prodotta da Wildside, parte di Fremantle, che racconta gli anni che hanno cambiato il Paese a cavallo fra Prima e Seconda Repubblica. Gli otto episodi della serie sono ambientati in quello che è un anno cruciale della nostra storia recente, raccontato attraverso gli occhi e le storie di persone comuni, la cui vita si intreccia con quelle dei protagonisti del terremoto politico, civile e di costume che segnò la prima metà degli Anni ’90.

Nella serie, diretta da Giuseppe Gagliardi e da Claudio Noce, ritroviamo il cast di protagonisti Stefano Accorsi, Guido Caprino e Miriam Leone.
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Ritroveremo anche il PM di Mani Pulite Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi), che continua la sua battaglia, Silvio Berlusconi interpretato da Paolo Pierobon e Dario Scaglia (Giovanni Ludeno). Con loro anche Maurizio Lombardi, già visto in 1992 e 1993 nel ruolo di Paolo Pellegrini, uomo di Berlusconi e neo-onorevole, che vive in adorazione del Cavaliere.

“Siamo alla fine della campagna elettorale – afferma il regista Giuseppe Gagliardi -, la più grande operazione di marketing mai vista. Mesi di grande entusiasmo. La campagna è servita a vendere l’impressione che le cose erano predisposte per il cambiamento. Il 1994 è l’anno in cui si è cercato di vendere il nuovo. Non certo il diverso. Si è trattato sostanzialmente della riproduzione di un modello preesistente. Dopo l’anno della Rivoluzione e quello del Terrore, dunque, la trilogia giunge a compimento con il racconto dell’anno della Restaurazione. Abbiamo lasciato Leo Notte a terra agonizzante, lo ritroviamo nell’aldilà di uno studio televisivo. È il tempo in cui televisione e politica diventano una cosa sola. Si realizza quel mondo distopico prefigurato negli anni 70 da Flaiano, “Fra 30 anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la TV”. Il mondo dei nostri personaggi. Quello dove la posta in gioco per sopravvivere è sempre la stessa: il potere. Nella nuova stagione il concept si rinnova. Il racconto multistrand che intrecciava le diverse storie dei personaggi si trasforma e ogni episodio acquisisce uno stile e una forma diversi. Ho cercato di dare un segno preciso a ciascuno dei quattro episodi da me diretti (1, 2, 3, 5), mutando ogni volta la messinscena, il tono, la palette dei colori. E anche la musica. Si passa dagli ambienti claustrofobici da thriller politico del primo episodio, alle atmosfere sfolgoranti della Costa Smeralda del quinto. Naturalmente lasciando invariato il carattere dei personaggi, il modo in cui siamo abituati a vederli agire, la loro coerenza nella storia”.

Sul terreno ci sono tutti gli elementi della tragedia classica: il coro, la guerra, la politica, lo stato, l’amicizia, la gelosia, il tradimento, l’amore e l’odio. Ad esempio, la Procura di Milano è il teatro di una lunga battaglia. La sfida finale tra Di Pietro e Berlusconi passa e si interseca nella mente e nelle anime di tutti i nostri personaggi. Un quadro dove anche un gesto piccolo e semplice come levarsi di dosso la “divisa della battaglia” (la toga) risulterà un gesto violento e strategico che si ripercuote nella Storia.

“La drammaturgia – afferma il regista Claudio Noce – mi ha suggerito la strada visiva, tracciandomi la direzione da seguire, alternando liricità a momenti di semplice incontro di sguardi e di parole. L’occasione di accompagnare i personaggi fino alla conclusione del loro percorso emotivo e narrativo, portandoli ad esito, mi ha permesso di ampliare il mio pensiero permettendomi di avere un’idea di messa in scena più larga e nitida, cercando sempre una linea empatica tra i personaggi e lo spettatore”.

Il 1994 è l’anno dell’ascesa al potere di Silvio Berlusconi. Questo Governo anomalo, da molti considerato eversivo, in mano all’uomo più ricco del Paese, attiva gli anticorpi del Sistema. La magistratura mette nel mirino il Cavaliere: è l’inizio di una guerra. Da una parte c’è la Procura di Milano, con il team di magistrati più famoso d’Italia, il pool Mani Pulite, capitanato da Antonio Di Pietro. Dall’altra c’è Berlusconi che, conquistato il potere, non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Ma Silvio non deve guardarsi solo dai nemici: il pericolo arriva anche dai suoi alleati di governo della Lega. Bossi tiene sotto scacco il premier, in ogni momento può staccare la spina al Governo. Per cui alza la posta e cerca costantemente il conflitto. Ma Berlusconi risponde. Colpo su colpo. Questo è ciò che avviene sul palcoscenico della Storia.

“Ma come sempre – dietro le quinte della Storia, ma in primo piano nel nostro racconto – affermano i tre sceneggiatori, Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo – sono i protagonisti della serie a giocare col destino proprio e del Paese. Li ritroviamo tutti in Parlamento, è qui che culminano i loro percorsi iniziati tre anni fa. Leo Notte è l’uomo ombra del Governo, lo scudiero di Berlusconi, con l’ufficio accanto al Primo Ministro. Veronica Castello da soubrette è diventata deputata, e per la prima volta ha l’occasione di affrancarsi dal potere maschile e diventare artefice del proprio destino. Pietro Bosco, sottosegretario agli Interni nelle file leghiste, è il principale sabotatore del Governo di cui fa parte, accecato da motivi personali. Infine, a Milano c’è Dario Scaglia, a fianco di Di Pietro nell’indagine su Berlusconi, e anche lui ha forti ragioni personali per sedersi al tavolo da gioco della Storia”.1994 red carpet

“Per raccontarli meglio, – concludono Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo – in questa stagione abbiamo rinnovato completamente lo stile del nostro racconto. Non più puntate corali, ma monografiche. Ogni episodio è incentrato su un solo personaggio o su un singolo evento storico. Racconteremo così il celebre dibattito televisivo Berlusconi contro Occhetto; la sollevazione popolare generata dal cosiddetto ‘decreto Salva-Ladri’; la feroce trattativa tra il Cavaliere e Bossi in Costa Smeralda, scaduto il periodo di garanzia del Governo; il disastroso Summit dell’Onu a Napoli in cui Berlusconi viene raggiunto dall’invito a comparire della Procura di Milano, davanti ai leader di tutto il mondo. Ogni puntata è così un unicum con un suo tono, ambientazione, e visione. Questa stagione termina con una doppia caduta. In un’aula di tribunale, Antonio Di Pietro si toglie la toga e chiude così la sua carriera di Pubblico Ministero, sancendo la fine dell’inchiesta Mani Pulite, che aveva dato origine alla rivoluzione raccontata della nostra trilogia. E Silvio Berlusconi, colpito dalla magistratura e sfiduciato dagli alleati, dopo solo otto mesi e sette giorni di governo deve cedere il passo, e abbandonare il potere. Non sarà la fine della sua lunga avventura politica, come sappiamo. E l’ultima puntata della stagione – che si chiude con una sorpresa – prova a chiudere il cerchio del ventennio berlusconiano, da poco volto al termine. Ogni racconto storico cela l’ambizione di parlare della contemporaneità. Analizzare come eravamo ci offre chiavi di lettura per capire chi siamo, e ci permette di porre il presente in un contesto più ampio. Questo è quello che abbiamo cercato di fare, anche in quest’ultima stagione: romanzare la storia senza tradirla, giocando con gli echi di quel passato prossimo che risuonano nel presente, e nel racconto provare a restituire il più fedelmente possibile lo spirito dell’epoca, per capire meglio quella in cui viviamo”.

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