Sono passati vent’anni dalla morte di uno dei leader più discussi del Novecento italiano, e il suo nome, che una volta riempiva le cronache, è chiuso oggi in un silenzio assordante. Bettino Craxi fa paura, scava dentro memorie oscure, viene rimosso senza appello.
Il regista Gianni Amelio racconta gli ultimi giorni di Bettino Craxi a Hammamet, nella sua casa-fortezza. Hammamet al cinema dal 9 gennaio, riflette su uno spaccato scottante della nostra Storia recente. Basato su testimonianze reali, il film non vuole essere una cronaca fedele né un pamphlet militante. L’immaginazione può tradire i fatti “realmente accaduti” ma non la verità. La narrazione si sviluppa su tre caratteri principali: il re caduto, la figlia che lotta per lui, e un terzo personaggio, un ragazzo misterioso, che si introduce nel loro mondo e cerca di scardinarlo dall’interno. Protagonisti con un Pierfrancesco Favino in stato di grazia, Livia Rossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Alberto Paradossi, Federico Bergamaschi, Roberto De Francesco, Adolfo Margiotta, Massimo Olcese, Omero Antonutti, Giuseppe Cederna, Renato Carpentieri e Claudia Gerini.
Pierfrancesco Favino, grazie a un trucco prodigioso (5 ore al giorno), è identico all’ex leader socialista fuggito in Tunisia per evitare il carcere e considerato da alcuni un “esule politico” e da altri un “latitante”.
Gianni Amelio chiarisce l’intento del suo film: “Non volevo fare una biografia, ne’ il resoconto esaltante o travagliato di un partito – scrive il regista – e men che mai un film che desse ragione o torto a qualcuno. Volevo rappresentare comportamenti, stati d’animo, impulsi, giusti o sbagliati che siano. Cercando l’evidenza e l’emozione”, conclude.
‘Hamammet’ è soprattutto un film su un uomo solo e malato, un uomo che un tempo ha avuto immenso potere e poi è scappato dal suo Paese per accuse che ritiene ingiuste. Il Craxi di Amelio – che nel film non fa alcun nome, neppure quello della figlia ‘Stefania’ che diventa ‘Anita’ – racconta a tutti la stessa storia che ha esposto in Parlamento quando si è difeso: tutti i leader di partito prendevano soldi, perché “la democrazia ha un costo e la politica ha bisogno di soldi come la guerra di armi”.
Craxi era colpevole di aver rubato per arricchirsi o aveva rubato per il partito come tutti gli altri leader perché questo era il sistema politico? Una questione che Amelio pone e che non intende certo risolvere nel suo film. Il Craxi di Amelio è un uomo estremamente orgoglioso che si sente il capro espiatorio del sistema travolto da un’inchiesta giudiziaria (“che non funziona visto che secondo i magistrati tutti hanno preso soldi meno il principale partito dell’opposizione”, sostiene) e che deve combattere contro il male che lo sta minando piano piano. Un uomo, a ben vedere, sconfitto.
‘Hammamet’ parte dal congresso del Psi del 1989 per poi andare subito cronologicamente all’esilio dorato di Craxi in Tunisia. E qui resta per tutto il film (a parte la fine onirica con l’entrata in scena del padre, Omero Antonutti), seguendo la vita monotona del Presidente che trova in Fausto un interlocutore importante: a lui si confessa, racconta la sua storia, si difende, accusa magistrati e politici, ricorda con nostaglia momenti passati. E’ un pretesto, Fausto, per tirar fuori il lato umano di Craxi.
“Il mio ‘Hammamet’ non è assolutamente un film contro Mani Pulite. Racconta l’agonia di Craxi, con tutte le sue contraddizioni, non era necessario un giudizio sul pool”. Gianni Amelio lo precisa durante la conferenza stampa. Amelio ha chiarito: “Il mio film è concentrato sulla figura del presidente che quando parla di vicende politiche, tra l’altro, è inquadrato in 4/3, come se il suo fosse un discorso virgolettato. Io non sono responsabile di ciç che dice ma dovevo rendere conto degli umori del personaggio e rappresentarlo”.
Gianni Amelio ha raccontato che il film è nato un po’ per caso: “Il produttore Agostino Saccà, che ha il pallino di Cavour, mi aveva proposto un film che approfondisse il suo intenso rapporto con la figlia e a me si è accesa la lampadina. Per liberarmi del pericolo Cavour gli ho proposto di concentrarci sul rapporto tra Bettino e sua figlia Stefania e mi ha preso sul serio”.
Antonio Di Pietro, a cui Craxi fa riferimento più volte (“Lui ha tuonato contro i giudici tutta la vita, sarebbe stato un falso storico non farlo vedere ma si parla anche delle sue condanne in giudicato”, puntualizza Amelio) non viene mai nominato, così come Ciriaco De Mita, nel film preso in giro dall’ex leader socialista per l’accento. “I nomi non ci si sono, perché si conoscono fin troppo e perché non ho voluto fare cronaca” – ha spiegato – ma anche perché non mi piace sentire i nomi, l’ho sempre evitato in tutti i miei film: un dialogo con un ‘Ciao Bettino come va la salute’ non è nelle mie corde”.