Raffaello apre l’Expo.

Dal 3 dicembre 2014 all’11 gennaio 2015 a Milano nella Sala Alessi a Palazzo Marino è ospitata la Madonna Esterházy di Raffaello, splendida opera del genio del Rinascimento proveniente dal Museo delle Belle Arti di Budapest (Szépművészeti Múzeum).

La mostra fa parte del programma di “Expo in Città”, il palinsesto promosso e coordinato dal Comune di Milano insieme a Camera di Commercio per accompagnare la vita della città nel 2015, in occasione dell’Esposizione Universale. Avrebbero dovuto aprire la serie delle mostre per l’Expo i Bronzi di Riace ma i rischi connessi al trasferimento dal Museo di Reggio Calabria non hanno permesso di spostare le due statue.

Madonna and Child with the Infant Saint John "The Eszterhazy MadCome spiega il curatore della mostra Stefano Zuffi nel catalogo edito da Skira (la pubblicazione contiene preziosi contributi specifici riguardanti il collezionismo, il furto e il restauro e si configura così come la prima completa monografia critica sull’opera) Raffaello Sanzio dipinge la Madonna Esterházy a venticinque anni, in un momento particolare della sua vita e dell’intera storia dell’arte italiana.
Dopo aver trascorso quattro anni a Firenze, sta per trasferirsi a Roma ed entrare nell’incomparabile cantiere del Vaticano accanto a Michelangelo e Bramante. La tavola del museo di Budapest è l’alba di questa memorabile “giornata”.
Con straordinaria limpidezza e originalità, Raffaello elabora gli spunti di Leonardo, aprendosi a un respiro che immerge i personaggi nella luce e nel paesaggio, in una composizione che è insieme complessa e fluida. Sta nascendo un linguaggio espressivo nuovo e maturo.
Nella storia dell’arte italiana, nel cuore del Rinascimento, c’è stato un momento davvero particolare: siamo a Roma nel 1508 e, a poche decine di metri di distanza, Raffaello e Michelangelo hanno iniziato a dipingere i loro massimi, rispettivi capolavori, le Stanze del Vaticano e la volta della Cappella Sistina.

È “l’alba del giorno più bello della pittura italiana”, ha commentato il curatore Stefano Zuffi. E questo giorno inizia proprio con la Madonna Esterházy.
Il dipinto, infatti, raffinatissimo e solare, raffigura la Madonna col Bambino e san Giovannino e segna esattamente la conclusione del fondamentale periodo trascorso da Raffaello a Firenze, con la decisione di trasferirsi a Roma. Come nella pagina di un personalissimo diario, Raffaello ci mostra questo decisivo passaggio direttamente nel dipinto stesso: la composizione infatti si ispira in modo esplicito a Leonardo, conosciuto e studiato attentamente da Raffaello durante i quattro anni passati a Firenze; ma sullo sfondo appaiono i ruderi del Foro Romano, dipinti con precisione topografica, a riprova di una conoscenza diretta e di una serena e convinta “immersione” nella classicità.
Considerando che non se ne conosce un committente o una destinazione antica, tutto lascia pensare che Raffaello l’abbia sempre tenuta con sé, come la memoria tangibile della scelta fondamentale della sua carriera: un’opera intima, dunque, quasi segreta. La tavola, infine, non è del tutto compiuta, mancando di alcuni ritocchi propri dell’ultima stesura.

“La Madonna Esterházy – spiega Zuffi – appartiene certamente al novero delle opere “paradisiache”. La scena è ambientata in unʼampia e soleggiata distesa di paesaggio, e non presenta difficoltà iconografiche: la Madonna, in una complessa e insieme elegante posa, sorregge il piccolo Gesù, che indica san Giovannino, assorto nella contemplazione di un sottile cartiglio arricciolato, sul quale, come hanno dimostrato inconfutabilmente le radiografie e le riflettografie, non cʼè scritto nulla. È un piccolo e poetico episodio dal sapore famigliare: non cʼè accenno di aureole, i due bambini sono completamente nudi, la Madonna è vestita e acconciata con semplicità”.
Come sempre, Raffaello risulta chiaro e immediato, e i personaggi sono subito riconoscibili, al contrario delle volute ambiguità di Leonardo, che nella Vergine delle Rocce lascia il dubbio sulla identificazione dei due bambini. Nella Madonna Esterházy Gesù appare un poʼ irrequieto, tanto da costringere Maria a unʼinsistita rotazione per sorreggerlo ed evitargli di scivolare dal ripiano roccioso su cui è seduto. Tutti e tre i personaggi guardano verso lo stesso punto, in direzione del nastro o cartiglio tenuto in mano da san Giovannino: con accurata raffinatezza, Raffaello organizza un gruppo compatto ispirato evidentemente alle composizioni piramidali e triadiche di Leonardo, allʼinterno del quale ogni personaggio si muove in autonomia. Il tema geometrico del triangolo viene ribadito dalla montagna che appare in lontananza sulla destra e dal gruppo di ruderi e torri sullo sfondo a sinistra.

LA MOSTRA E IL DIALOGO CON LE OPERE MILANESI

2_Madonna col BambinoLa Madonna Esterházy viene “accolta” in Sala Alessi da altri due dipinti milanesi, simili per soggetto e per epoca: la Vergine del Borghetto, senza dubbio la migliore copia antica della Vergine delle rocce di Leonardo rimasta a Milano, concessa dall’Istituto delle Suore Orsoline e attribuita a Francesco Melzi; e la Madonna della rosa di Giovanni Antonio Boltraffio, prestito del Museo Poldi Pezzoli: sarà così possibile osservare le evidenti affinità nelle espressioni dei volti e nelle pose dei personaggi, ma anche le profonde differenze nella concezione del paesaggio e delle luci, mettendo direttamente a confronto l’interpretazione di Raffaello e quella dei seguaci milanesi di Leonardo.

“L’arrivo a Milano di questo capolavoro, in cui Raffaello elabora in modo geniale gli spunti ricavati da Leonardo, sollecita necessariamente una riflessione sulla diversa interpretazione degli stessi riferimenti in ambito lombardo”, ha sottolineato il curatore Zuffi.

3_BoltraffioAnche per questo il progetto di allestimento, curato dall’architetto Corrado Anselmi, interpreta il tema compositivo del triangolo, che riproduce la disposizione geometrica delle figure della Madonna Esterházy e che è uno degli aspetti più evidenti della attenzione posta da Raffaello ai modelli di Leonardo. All’interno della struttura espositiva, i dipinti sono disposti secondo un percorso di visita che rende chiari rimandi e differenze.

Per epoca e per stile, inoltre, la Madonna Esterházy si colloca in modo perfetto tra i due capolavori di Raffaello presenti da secoli nei musei di Milano: lo Sposalizio della Vergine di Brera (1504) è lo snodo tra l’attività giovanile e il trasferimento a Firenze; il cartone della Scuola di Atene (1509), tesoro inestimabile dell’Ambrosiana, segna invece l’eccezionale “laboratorio creativo” della Stanza della Segnatura.

LA STORIA: I COLLEZIONISTI E LE DISAVVENTURE

La Madonna Esterházy si affaccia nella storia e nella cronaca all’inizio del XVIII secolo, quando viene donata da Papa Clemente XI Albani a Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel, futura moglie dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Elisabetta Cristina era la madre dell’imperatrice Maria Teresa, che a sua volta donò la tavola di Raffaello al conte Wenzel Anton von Kaunitz, figura di spicco nella politica imperiale. Alla morte di Kaunitz (1794) il dipinto passò infine agli Esterházy e da qui al Museo delle Belle Arti di Budapest.

La mostra è anche l’occasione per ricordare le vicende drammatiche, ma anche il “lieto fine”, del furto avvenuto presso il Museo di Budapest nel 1983, considerato il più clamoroso furto d’arte dai musei del XX secolo. Approfittando dei lavori di restauro della sede museale, un gruppo di malviventi italiani, su commissione di una magnate greco, trafugò sei opere d’arte italiana, fra cui appunto la Madonna Esterházy. I capolavori sono stati successivamente ritrovati dal Nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale in un convento dismesso in Grecia, e i ladri sono stati identificati e arrestati.
Dopo questo episodio, la tavola di Raffaello è stata sottoposta a indagini accurate e delicatamente restaurata.

Posta sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e promossa da Comune di Milano, Intesa Sanpaolo e la Rinascente, l’iniziativa è realizzata da Palazzo Reale e dal Museo delle Belle Arti di Budapest in collaborazione con le Gallerie d’Italia di Piazza Scala, curata da Stefano Zuffi e organizzata con la collaborazione di Arthemisia Group.

LE VISITE
L’ingresso alla sala Alessi e le visite guidate alla mostra sono completamente gratuite. I visitatori saranno ammessi alla mostra in gruppi, accolti da esperti storici dell’arte coordinati da Civita, che faranno da guida al percorso espositivo.

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