La dolce arte di esistere al cinema Aquila.

Giunge al Nuovo Cinema Aquila in esclusiva romana ‘La dolce arte di esistere’, opera seconda del regista de ‘L’estate di mio fratello’, una commedia surreale, ma anche una storia interessante – affrontata in chiave parodistica – che invoca una profonda riflessione su come i giovani d’oggi possano reagire di fronte alle difficoltà della società moderna. Il regista e gli interpreti Anita Kravos, Francesca Golia e Carlo Valli risponderanno alle domande del pubblico al termine della proiezione. Il film sarà in programmazione dal 9 al 22 Aprile.

ladolceartediesistere-2-140x196In un mondo in cui si suppone esista l’invisibilità psicosomatica, ovvero in cui le persone con difficoltà di relazione, in certe situazioni, diventano letteralmente invisibili, seguiamo l’incontro tra Roberta (Francesca Golia “La grande bellezza”, “LaBella Addormentata”) , che ha bisogno di attenzione, altrimenti scompare, e Massimo (Pierpaolo Spollon “Terraferma”, “Leoni”), che al contrario, ansioso, scompare se sente attenzione su di sé.

“Mi sembrava, quella dell’invisibilità, una buona metafora di una difficoltà ad affrontare la vita.” ha dichiarato con eloquenza Pietro Reggiani presentando i protagonisti della sua apprezzata pellicola. “Mi piaceva aver immaginato due invisibilità – mi era venuta più immediata quella legata all’ansia, all’essere oggetto di attenzione, ma mi suonava bene anche quella opposta, legata al non ricevere alcuna attenzione. A questo punto si presentava un bivio: l’invisibilità dei protagonisti poteva o meno essere eccezionale. Nel primo caso, i due che per la prima volta nella storia dell’umanità scomparivano sarebbero divenuti celeberrimi, e in un certo senso fatalmente destinati a incontrarsi. Questa versione aveva il pregio di permettere una riflessione esplicita sull’invisibilità: i sociologi, nel film, avrebbero riflettuto su quanto l’apparire di una scomparsa per ansia fosse stata una spia dell’eccessiva pressione sulle giovani generazioni, ritenute beneficiarie di eccezionali opportunità educative e tecnologiche; e quanto l’apparizione di una scomparsa per solitudine e avvilimento non fosse, al contrario, la spia di una eccessiva indulgenza verso i giovani, lasciati liberi di sbagliare al punto da non sentirsi sostenuti nei loro sforzi quotidiani.

Pietro Reggiani

Pietro Reggiani

Non sarebbe stato sottaciuto il verosimile legame che fenomeni di invisibilità apparissero in una società fortemente condizionata dall’immagine, o che queste difficoltà nei rapporti umani fossero ingigantite dal passaggio di una ampia fetta di vita relazionale alla dimensione virtuale del computer; né, infine, che in una società sempre più aperta, perfino liquida, le occasioni di riuscire ma anche di fallire sono sempre più numerose, portando a fenomeni opposti e complementari di ansia e di depressione. Ma, a fronte di alcune ottime scene per discettare sul fenomeno, la storia intima dei protagonisti e il loro lottare contro l’inesistenza sarebbero stati fortemente condizionati dalla loro celebrità: mentre a me piaceva l’idea che i percorsi fossero più quotidiani, che la parte di ognuno di noi che vorrebbe scomparire o che si sente invisibile trovasse in loro due campioni più a portata di mano. Di qui la decisione di optare per la seconda soluzione: l’invisibilità sarebbe stata, nel mondo del film, una sindrome già conosciuta, nota come invisibilità psicosomatica”.

I commenti sono chiusi.