Brutti e cattivi, la rivincita degli emarginati

Il Papero, Ballerina, Il Merda e Plissé si improvvisano rapinatori per il colpo che cambierà la loro vita. Non importa se il primo è senza gambe, Ballerina, la sua bellissima moglie, non ha le braccia, se Merda è un rasta tossico e Plissé un nano rapper. Sono solo dettagli. Per loro non ci sono ostacoli. Solo sogni. Anche se, dopo il colpo, le cose si complicano: ogni componente dell’improbabile banda sembra avere un piano tutto suo per tenersi il malloppo. Tutti fregano tutti senza nessuna pietà in una girandola di inseguimenti, cruente vendette, esecuzioni sanguinose e tradimenti incrociati.

BRUTTI E CATTIVI è una dark comedy intelligente, oltraggiosa e bizzarra, che rompe gli schemi e non si pone dubbi sul politically correct. Cinema di genere, ma corretto al vetriolo.

“Non ho un ricordo preciso di com’è nata, originariamente, l’idea di provare a scrivere l’assurda storia di questo gruppo di disabili cialtroni e criminali – racconta il regista – ma credo che sia successo dopo una di quelle innumerevoli cene col ‘Maestro’ in qualche trattoria di campagna sulla strada tra Terni e Roma. Il maestro era Danilo Donati, io ero uno degli assistenti scenografi che, a turno, lo riportavano a Roma la sera, dai teatri di posa di Terni, dove si lavorava al ‘Pinocchio’ di Roberto Benigni. Danilo Donati non è stato solo uno dei talenti più straordinari per i costumi e la scenografia del cinema italiano. Donati, che a sua volta era stato allievo di Ottone Rosai, era innanzitutto un intellettuale e un artista. Dipingeva, leggeva molto, scriveva, ma anche cucinava e distillava liquori. Il tutto a un livello decisamente alto. Raramente parlava di cinema o del suo lavoro. Sapeva spaziare, poteva partire da Thomas Mann per arrivare ai modi per preparare il liquore nocino. L’ho ascoltato spiegare come gli antichi egizi riuscivano a sollevare gli obelischi o evocare scene grottesche ambientate nel mondo della malavita nella Roma degli anni ’70. Sapeva tante cose il Maestro, perché aveva studiato tanto e, credo, perché era animato da un’indomabile curiosità. Si era nutrito di letteratura, di cinema, di teatro, di storia dell’arte e aveva avuto degli straordinari compagni di viaggio come Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini. Credo che fu in quell’anno che provai anch’io a scrivere qualcosa”.

 

“Scrivere la sceneggiatura di Brutti e cattivi – afferma Luca Infscelli – è stato un lavoro sostanzialmente leggero, sebbene si sia protratto per diversi mesi e abbia avuto bisogno di varie stesure. Una leggerezza dettata dal fatto che non c’è stata una riunione dove Cosimo e io non abbiamo riso e non ci siamo emozionati pensando al giorno in cui avremmo visto quello che stavamo scrivendo; e poi ovviamente dalla sintonia che si è creata tra noi già dalla prima chiacchierata, avvenuta in un bar di Monteverde. Avevo molto amato il soggetto e ci sono subito venute delle idee rispetto al lavoro che occorreva fare per trasformarlo in una sceneggiatura. In pratica, dopo due ore avevamo già stabilito un’alleanza… Cosimo è stato molto disponibile, è una persona molto creativa e disposta ad ascoltare, condizioni che per uno sceneggiatore sono fondamentali per lavorare bene con un regista. Quello che mi ha veramente coinvolto durante la lavorazione di Brutti e Cattivi è la grandissima attenzione per l’aspetto visivo del film, già in stesura della sceneggiatura. Cosimo viene dalle Belle Arti, dipinge e disegna benissimo e per lui è molto naturale proporre attraverso un disegno un’idea per una scena. Questo ha fatto in modo che già durante la fase di sceneggiatura il film avesse, oltre all’ovvio impianto di scrittura che si stava creando, una parte visiva molto sviluppata, parlo di centinaia di disegni su cui noi discutevamo e impostavamo le scene… Ne è venuta fuori una sceneggiatura molto precisa e molto descrittiva in cui, ad esempio, abbiamo specificato meticolosamente anche la disposizione e il colore delle banconote rubate, racchiuse in un pacco di cellophane”.

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