“Oh mio Dio!”. Al cinema dal 26 marzo arriva la Parusia di Giorgio Amato, cioè la seconda venuta di Gesù Cristo sulla Terra. E questa volta sceglie la Capitale d’Italia per ricostituire il suo gruppo di 12 apostoli, ritrova una nuova Maddalena e, invece di camminare sul lago di Tiberiade, attraversa il Tevere, postando il video su Youtube. Ma non basta: all’ultima cena… pizza per tutti. Ma non una pizza alla diavola; solo pizza Margherita.
“Oh mio Dio!” non è uno scherzo, ma il quarto film del regista arrivato al successo con il film “Il ministro”: un muckumentary che vede protagonista, in carne e stigmate, Carlo Caprioli (“figlio d’arte” solo nel senso terreno del termine, visto il ruolo nel film). In questa Parusia cinematografica, infatti, Carlo Caprioli è Gesù. Anna Maria De Luca è la madre di Gesù, Giulia Gualano è la Maddalena e gli apostoli sono: Stefano Fregni, Vanni Fois, Alessio De Persio, Daniele Monterosi, Dario Masciello e Mimmo Ruggiero.
Visto come stanno andando le cose sulla Terra, Gesù decide di tornare per riportare la sua parola al centro dell’attenzione e proclamare l’imminente arrivo del Regno dei Cieli. Solo che questa volta sceglie di lasciare una testimonianza video del suo passaggio terreno, arruolando due cameraman che lo seguono costantemente. Così Gesù arriva a Roma e comincia la sua predicazione. Peccato però che, proprio nella città dove sorge la sua Chiesa, si scontri con l’indifferenza delle persone che lo trattano come l’ultimo dei reietti. Ma Gesù non si scoraggia e per dare dimostrazione della sua potenza attraversa il Tevere camminando sulle acque proprio sotto il Vaticano. Il clamore mediatico dell’evento gli consente di radunare a sé dodici seguaci che lo aiutano nella sua missione (11 apostoli e la Maddalena). Ma, nonostante i miracoli che continua a compiere, la società contemporanea è troppo smaliziata e tutti pensano che si tratti di una messinscena ben organizzata. Insomma, preparare le persone all’imminente avvento del Regno dei Cieli si dimostrerà un’impresa molto più ardua di quella che affrontò 2000 anni fa e 15 mila follower su facebook non bastano.
Il film è un esperimento. Cosa accadrebbe oggi, in una società che si definisce cattolica e cristiana, se Dio decidesse di rimandare Gesù tra gli uomini? Chi lo prenderebbe sul serio? E quali difficoltà incontrerebbe per riuscire a farsi ascoltare, anche attraverso i social?
Insomma, dopo aver assistito al ritorno sulla Terra di Hitler e di Mussolini, questa volta sul grande schermo arriva anche la divinità, “il figlio dell’Uomo”. “Ma l’idea di questo film nasce prima di ‘Lui è tornato’ (film del 2015 diretto da David Wnendt basato sull’omonimo bestseller di Timur Vermes) e di ‘Sono tornato’ (film del 2018 diretto da Luca Miniero, scritto con Nicola Guaglianone)”, assicura il regista che non è stato colto da una crisi mistica, ma dalla volontà di affrontare un tema etico sottoponendolo al giudizio del pubblico. “Partendo dalle parole di San Massimiliano Kolbe sul ‘veleno dell’indifferenza’ e trovando spunto dalla cronaca che raccontava la mobilitazione di un intero paese contro un pullman che doveva accompagnare venti donne richiedenti asilo in un centro d’accoglienza, ho capito quale doveva essere il mio punto di partenza. Ossia provare a mettere in evidenza il sincretismo ideologico di una società che si definisce cristiana e cattolica, ma che poi, nei fatti, si comporta in maniera esattamente opposta. Grazie allo stile del mockumentary, con il quale ho alternato scene girate con la telecamera sia dichiarata che nascosta (come in una vera e propria candid camera) ad altre che seguivano un preciso schema narrativo, con ‘Oh Mio Dio!’ ho provato a raccontare il viaggio di questo sedicente Messia che dice di essere tornato una seconda volta per annunciare la Parusia. Troverà qualcuno disposto a credergli?”.
“La curiosità sul tema della ‘Parusia’ è nata un po’ per caso, molti anni fa, durante il corso di Sociologia delle Religioni che faceva parte del mio piano di studi universitario – continua Giorgio Amato -. Dopo aver dato l’esame, il pensiero sul tema della Parusia continuava a lavorare nella mente come un tarlo, fino a quando, qualche anno fa decisi che i tempi erano maturi per provare a lavorare su questa idea, e cioè: cosa accadrebbe se davvero tornasse Gesù per la Parusia? Alla fine, dopo oltre vent’anni da quella scintilla, sono riuscito a realizzare il film”.
Il regista durante la conferenza stampa di presentazione del film ammette “non potevo prescindere dal portare Gesù in mezzo alla gente e filmare le loro reazioni”. Ed è proprio questo il punto di forza di “Oh mio Dio!”. L’aver girato una sorta di candid camera, proprio come i film sul ritorno di Mussolini e Hitler, dona al lavoro di Giorgio Amato un valore sociale e rende interessante l’esperimento che mette insieme fiction, commedia, horror (una scena di esorcismo è degna di William Friedkin) e ‘Grande Fratello’.
“Pensavo che le scene girate con Carlo Caprioli vestito da Gesù in mezzo ai banchi del mercato di Campo de’ Fiori a Roma sarebbero state inutili in fase di montaggio – racconta Giorgio Amato – e, invece, alla fine sono soddisfatto del risultato”. Le reazioni dei commercianti sono proprio il senso del film. Chi si indispettisce e chi prova imbarazzo; molti hanno accolto Gesù e i suoi apostoli con benevolenza. Gli attori inconsapevoli di questo mockumentary contribuiscono al vero spirito di un film che non vuole essere confessionale, ma al contrario vuole stimolare gli ipocriti ad uscire allo scoperto. Proprio come accade alla suora (con il volto nascosto) che chiude il portone del convento davanti a Gesù. O come accade a chi scrive sulle bandiere “Dio, Patria e Famiglia” e poi picchia il Gesù davanti alle telecamere, non riconoscendolo. Insomma il mondo oggi è troppo cinico e poco sensibile alla religione anche se si mostra attraverso la nuova Bibbia: uno smartphone (si fa vedere per strada un video in cui appare il miracolo più grande: quello di una resurrezione).
Giorgio Amato alla fine si commuove fino alle lacrime quando gli si chiede della evidente religiosità di questo film firmato da un ateo: “quando mio padre era molto malato – conclude il regista – avevo un permesso speciale per il parcheggio in ospedale, ma lui ogni volta mi chiedeva di non approfittarne. Ecco io vengo da una famiglia così”.