La storia di quattro amici d’infanzia, tre ragazzi e una ragazza, il loro rapporto e le loro aspirazioni; i cambiamenti e la crescita che inevitabilmente li porta ad allontanarsi e poi a ricongiungersi. Non stiamo parlando del capolavoro di Ettore Scola, ‘C’eravamo tanto amati’, ma de ‘Gli anni più belli’, ultimo film di Gabriele Muccino con Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria e Micaela Ramazzotti, con la partecipazione di Emma Marrone, al debutto cinematografico, Nicoletta Romanoff, Francesco Acquaroli e Mariano Rigillo. Il film, al cinema dal 13 febbraio, racconta la storia di Giulio (Favino), Paolo (Stuart), Riccardo (Santamaria)e Gemma (Ramazzotti) amici d’infanzia con tanti ideali e voglia di vivere. Crescendo, la loro amicizia resta salda fino a quando le strade dei quattro si dividono e anche gli ideali e le belle intenzioni lasciano il posto all’evidenza della realtà, proprio come in ‘C’eravamo tanto amati’. C’è chi fa carriera e sposa la ricca ereditiera diventando padrone in casa del suocero, chi invece insegue i suoi sogni e deve accettare una vita di stenti. C’e’ poi chi ha sogni semplici e onestamente riesce a realizzarli. La figura di Gemma, invece, è piuttosto articolata anche se priva di spessore: dall’infanzia con la zia a Napoli alla storia d’amore col camorrista, dal ritorno dagli amici e dall’amore d’infanzia, dal tradimento alla disperazione fino al ricongiungimento e al lieto fine.
Nelle note di regia, Muccino parla della sua generazione, di coloro che “sono nati alla fine degli anni ’60, sotto l’ombra delle grandi ideologie che hanno accompagnato la crescita e i mutamenti del Paese dalla ricostruzione del dopoguerra al tempo delle rivoluzioni studentesche del ’68”. Quello che pensa, e che vuole trasmettere nel suo film, è che la sua, “la loro, è una generazione percepita come nata troppo tardi, troppo tardi per cambiare il mondo, cresciuta col complesso di non essere abbastanza reattiva, abbastanza colta, abbastanza rivoluzionaria. Una generazione che si è arresa sentendosi inferiore ai fratelli maggiori e ai suoi padri. E’ stata una generazione sostanzialmente passiva e transitoria”.