Chèri, prima a Ravenna.

Danza, teatro e musica si fondono da domani all’11 giugno al Ravenna Festival per la prima europea di ‘Chèri’, spettacolo concepito, diretto e coreografato da Martha Clarke. Protagonisti Alessandra Ferri, Herman Cornejo, Amy Irving e Sarah Rothenberg.

Cheri1Liberamente tratto dall’omonimo romanzo del 1920 di Colette e al successivo ‘La fine di Chèri’, il balletto narra la tragica relazione proibita, durante la Belle epoque parigina, tra un giovane e una donna molto più avanti di lui nell’età.

Quando nel giugno del 1920 su «La Vie parisienne» esce a puntate Chéri, l’anticonformista Colette sta avvicinandosi alla cinquantina. Come Léa, la raffinata protagonista del suo romanzo più famoso, la matura cortigiana ritratta alle prese con una riprovevole, quanto intensa, relazione d’amore con un uomo che ha la metà dei suoi anni, appunto il capriccioso e irresistibile Chéri.

E come Alessandra Ferri che, dopo sette anni di ritiro dalle scene, torna a danzare, con energia ancora intatta, proprio nei panni di Léa, in uno spettacolo pervaso di quella “bellezza ipnotica” («New York Times») che scaturisce dalla poesia dei corpi – con lei Herman Cornejo, étoile dell’American Ballet Theatre – capaci di catturare l’estasi amorosa e la malinconia del dolore, condensati nel rapimento di una narrazione che si chiude sul tragico sfondo della Grande Guerra.

Lo spettacolo è stato reso possibile grazie al contributo di Confindustria Ravenna.

La scelta di portare insieme sul palcoscenico una fusione di due romanzi – Chéri e La fin de Chéri – consente di unire l’erotismo e il dramma. Nella prima opera, del 1920, prevale soprattutto il gioco della seduzione, anche nei suoi aspetti più crudeli: quando la cortigiana Léa si convince che il distacco dal giovane Fred è inevitabile, e coglie con lucidità i primi sintomi di stanchezza dell’amante, lo lascia andare verso la giovane Edmée; ma dopo il matrimonio con la ragazza Fred ha qualche ripensamento. Il seguito è molto più duro, amaro. La fin de Chéri, del 1926, evoca i danni irreparabili della guerra sulla psiche di Fred. L’invecchiamento femminile è dipinto con tratti brutali: Léa è una vecchia obesa, imbruttita. Questo è considerato il romanzo più maturo, stilisticamente raffinato di Colette, e anche il più cupo.

cheri2Coreografa pluripremiata, tra i fondatori di Pilobolus Dance Theater e ora regista poliedrica e, per sua stessa definizione, ‘vagabonda’, capace nelle sue pièce di coniugare parola e movimento, Martha Clarke, classe 1944, ha un debole per il periodo a cavallo tra XIX e XX secolo. Infatti il suo rapporto con Colette, la carismatica autrice francese dalla turbolenta vita amorosa, non è una novità: l’incontro tra le due risale a molti anni fa, al tempo in cui anche la giovane Clarke sperimentava appetiti quasi altrettanto selvaggi e burrascosi, e si faceva sedurre dalla storia del venticinquenne Chéri e di Léa, la sua amante quasi cinquantenne. Questo ‘ritorno’ rappresenta anche una crescita personale dell’artista. “La verità – commenta Martha Clarke – è che le varie peripezie della vita ti rendono più forte. Si impara a sopravvivere. A questo punto della mia vita, l’idea di Léa che invecchia amando tanto il proprio passato quanto il presente significa molto per me: mi sono innamorata dell’idea che una donna bella e ancora giovanile accetti di invecchiare con grazia e con brio (era probabilmente ora che lo facessi anch’io!). A dare il via a tutto è stata proprio questa donna, che ama un ragazzo ma, pur soffrendo, lo lascia andare, proprio perché sa accettare il fatto che la sua vita è ormai andata troppo avanti”.

La tempistica è stata poi fondamentale e la scelta dei protagonisti un vero colpo di fortuna: “Da almeno 25 anni – ricorda ancora Martha Clarke – inseguivo Alessandra, un’artista fantastica, e due anni fa ho avuto la fortuna di riallacciare con lei i contatti. Le parlai dopo una performance di Angel Reapers, una pièce firmata da me e Alfred Uhry in scena al Joyce Theater. Da sette anni aveva abbandonato la scena, ma mi disse ‘Sono pronta per te’. Di lì a poco, mentre lavoravo con l’American Ballet Theater, vidi per caso una creatura dalla chioma corvina volare attraverso l’aria. Lo guardai portare a termine la sua sequenza, inchiodata sulla porta, paralizzata. Era Herman Cornejo, e fu amore a prima vista”.
Infine, la scelta di fondere i due romanzi della scrittrice parigina ha portato necessariamente all’inserimento di un’altra figura femminile, in veste di narratrice. Ed ecco il ruolo di Amy Irving. “Abbiamo stabilito che la madre di Chéri avesse un ruolo importante, che approfondisce e dà colore alla pièce, e solo Amy avrebbe potuto interpretarla. Stranamente, Colette non sviluppa molto il personaggio di questa donna, che affida il figlio giovanissimo alla sua migliore amica Léa affinché lo introduca al linguaggio dell’amore, e poi glielo strappa via quando ritiene sia giunto il momento di farlo sposare, con una giovane donna che è lei stessa a scegliere… La madre è una fantastica osservatrice: conoscendo lei, si riescono a riempire i vuoti del carattere di lui”.

“Quando Martha Clarke mi ha proposto questo Chéri – racconta poi Alessandra Ferri – l’idea mi è piaciuta subito. Mi sono rispecchiata nel personaggio di Colette, Léa, una donna matura. La sua Léa mi piace perché accetta l’invecchiamento con serenità. Anche nel secondo romanzo, il seguito, La fin de Chéri, la ritroviamo ingrassata, coi capelli bianchi, ma sempre allegra. Martha e io abbiamo lavorato sull’emozione erotica che si sprigiona da quei libri”. E la critica newyorchese è stata unanime: “Una danza così luminosa da metterti in trance”; “Si muove con la splendida fluidità della seta ondulata dal vento”; “Trasmette delle sfumature di sentimento attraverso gesti sottili, un talento non sempre coltivato nel balletto classico”, sono solo alcuni fra i commenti pubblicati dopo la prima assoluta a The Signature Theatre (che ha prodotto lo spettacolo), nel dicembre 2013.