Nella sfavillante Trilogia d’autunno con la quale il Mariinskij chiude al teatro Alighieri la XXV edizione del Ravenna Festival, non poteva mancare (oggi doppia recita alle 15.30 e 20.30 e lunedì 6 ottobre alle 20.30) il classico dei classici: Giselle, il balletto che meglio ha resistito al tempo – è dal 1841 che va in scena! Quasi la stessa età della compagnia di San Pietroburgo, che però è più “giovane” di una ventina d’anni…
Ma non c’è ruga che sfiori la romantica storia d’amore, tradimento, morte e redenzione di Giselle. Théophile Gautier ricamò con efficacia la trama dalle pagine del romanziere tedesco Heinrich Heine, affidando la coreografia a Jean Coralli e a Jules Perrot sull’efficace musica di Adolphe Adam, che pure seppe comporre dei temi semplici e memorabili insieme.
La versione del Mariinskij attinge a Coralli e Perrot attraverso la revisione attenta di Petipa, che ne fece un allestimento ad hoc per il corpo di ballo di San Pietroburgo, fedele allo spirito di quella originale e preservata anche negli anni in cui la compagnia fu guidata da Oleg Vinogradov. Sotto la direzione di Yuri Fateyev, e con l’orchestra giovanile del Mariinskij diretta da Boris Gruzin, la Giselle della pomeridiana del 5 ottobre a Ravenna sarà l’emergente stella Kristina Shapran, da poco approdata a San Pietroburgo dopo una veloce ascesa da prima ballerina al Michailovskij Theatre, mentre nella replica serale spetta a Viktoria Tereshkina, bellissima danzatrice di tecnica rifinita e infine nella recita del 6 sarà Oksana Skoryk. Nel ruolo del Principe Albrecht si alterneranno il coreano Kimin Kim, dal 2012 first soloist del Mariinskij, Yevgeny Ivanchenko, attuale primo ballerino del teatro e Xander Parish, il primo artista britannico ad essere ammesso nella prestigiosa compagnia di San Pietroburgo. Nella parte di Myrtha, l’algida regina delle Willi, altro ruolo chiave del balletto, figurano Ekaterina Chebykina, poco più che ventenne e già pluripremiata (pomeridiana del 5) e Sofya Gumerova, danzatrice di linee eleganti e affusolate.
Giselle è l’apoteosi del balletto romantico sommando in sé tutte le sue sfaccettature in una novantina di minuti scarsi: l’anelito verso la felicità e l’amore e la disillusione che lo fa svanire. Giselle è il ritratto insieme di una fanciulla vera, che ama la vita. Eroina tragicamente verista, addirittura, con quella scena della pazzia (di cui Carla Fracci fu insuperabile interprete) e tuttavia pronta a trasformarsi in creatura eterea e ultraterrena nel secondo atto. L’idea di fondere queste due aspetti contraddittori è di Gautier che assieme al librettista Vernoy de Saint-Georges creò la trama su misura di Carlotta Grisi, di cui il poeta era segretamente innamorato. A sua volta, la Grisi impose il nome del suo amante Perrot affinché curasse la coreografia di tutti i suoi assoli accanto a Coralli, che era il maitre de ballet ufficiale dell’Opéra di Parigi. Il risultato fu un’alchimia che ribolliva di emozioni oltre che di abilità creativa, dando al balletto quella rotondità perfetta che ne ha garantito lunga vita. Alla prima di Giselle all’Opéra di Parigi nel 1841 nel ruolo di Albrecht c’era Lucien Petipa, fratello di Marius, che riportò il balletto a nuovi fasti alla fine dell’Ottocento proprio a San Pietroburgo, dove peraltro si era avuta una replica dell’originale proprio all’indomani della sua creazione nel 1842. Petipa (Marius, naturalmente) “aggiornò” nel 1884 l’allestimento secondo i gusti dei ballettomani dell’epoca e con interpreti italiane di cui veniva apprezzato il virtuosismo tecnico. Aggiornamento peraltro richiesto anche da nuove necessità sceniche date dall’impiego della luce elettrica, una novità destinata a mutare molte prospettive degli allestimenti teatrali. Il coreografo marsigliese mise mano più volte all’adattamento di Giselle. Ed è alle sue versioni che attinge oggi la compagnia del Mariinskij in quello che è il gioiello più puro del balletto romantico.
Il soggetto. Nel balletto viene rielaborata in due atti un’antica leggenda sulle Willi, fanciulle morte prima delle nozze che danzano al chiaro di luna e si vendicano degli incauti che si avventurano nel bosco di notte. Giselle è un’ingenua contadinella che ama la danza e si perde nei begli occhi di un giovane misterioso che la corteggia. Per lui, trascura l’amico e pretendente Hans (nella versione originale, Hilarion), ma è proprio questi a scoprire che Albrecht è in realtà un conte, promesso sposo della principessa Bathilde che arriva poco dopo al villaggio con tutta la sua corte. Ancora ignara del tradimento, mentre Albrecht si è allontanato, Giselle danza con grazia per gli aristocratici finché Hans suona il corno e richiama il finto contadino. Svelato l’inganno, Giselle impazzisce e muore di dolore fra la costernazione di tutti i presenti. Nel secondo atto, nel profondo della foresta la fanciulla si ridesta fra le Willi e viene invitata a danzare dalla loro regina, Myrtha. La prima vittima delle Willi sarà Hans, costretto a danzare fino alla morte. Ma quando anche Albrecht arriva contrito sulla tomba di Giselle, ella lo protegge con un amore che supera l’oltretomba e lo sostiene fino all’alba, quando la fanciulla dovrà di nuovo dirgli addio per tornare nel suo mondo di ombre.