Indiana Jones dalla A alla Z

Non c’è alcun dubbio che Indiana Jones sia ancora uno dei personaggi cinematografici più amati di sempre: l’American Film Institute ha inserito l’avventuriero al secondo posto nella sua classifica dei più grandi eroi cinematografici di tutti i tempi – soltanto Gregory Peck nel ruolo di Atticus Finch ne Il buio oltre la siepe è riuscito a superarlo. Eppure, è molto difficile immaginare che Indy avrebbe conservato così a lungo la stessa forza nella cultura popolare senza Harrison Ford a indossare il malconcio cappello marrone.Nel momento in cui Indy è apparso per la prima volta sullo schermo nell’epocale film di Steven Spielberg I predatori dell’arca perduta ( 1981), era ovvio che si trattasse di un binomio perfetto tra personaggio e star. Con la sua mascolinità ruvida e imperfetta, Ford era innegabilmente carismatico ma anche profondamente e deliziosamente affascinante. Utilizzava il suo sorriso scaltro al momento giusto e riusciva a tirarsi fuori da guai apparentemente impossibili attraverso una combinazione di ingegno, intraprendenza e pura fortuna. Tra tutti i personaggi indimenticabili che ha interpretato, Ford ha sempre percepito un’affinità speciale nei confronti di Indiana Jones e l’attore chiedeva regolarmente ai produttori Kathleen Kennedy e Frank Marshall se ci fosse la possibilità di tornare a interpretare il ruolo per l’ultima volta. “Proprio come il pubblico, Harrison ama questo personaggio e non voleva che le sue avventure giungessero al termine”, afferma Kennedy. “Continuava a chiederci ‘Abbiamo una nuova storia da raccontare?’”.
Per trovare la risposta, Kennedy, Ford e Spielberg si sono rivolti a James Mangold, l’esperto narratore che ha diretto film di successo e acclamati dalla critica come Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line, Logan – The Wolverine e Le Mans ‘66 – La grande sfida. Candidato a due Academy Award®, Mangold aveva alle spalle una vasta esperienza nel raccontare storie soddisfacenti ed emozionanti incentrate su figure storiche come Johnny Cash o Carroll Shelby, ed era ugualmente esperto nel narrare le drammatiche vicende di personaggi outsider. I suoi film, spesso incentrati su protagonisti accattivanti e combattuti, erano sempre confezionati in modo esperto e capaci di scatenare riflessioni uniche e intensamente divertenti. “Credo che tutte le persone coinvolte nel progetto si fossero rese conto da molto tempo che Jim è un filmmaker eccezionale”, afferma Kennedy. “È anche uno di quei rari filmmaker che hanno studiato la storia del cinema. Quando parla di cinema, sembra un accademico. Quando è stato fatto il nome di Jim, Harrison era d’accordo al 100%. Questo era molto importante per me, per Steven e per Frank [Marshall]”. Ford conosceva già Mangold personalmente e afferma che è stata la filmografia dello sceneggiatore-regista a fargli capire che si trattava della persona più adatta per prendere in mano le redini da Spielberg e dirigere l’ultima avventura di Indiana Jones. “Ci sono molti aspetti che ammiro nelle abilità cinematografiche di Jim Mangold”, afferma Ford. “Ma, come narratore, ha una percezione particolare, nata dalle sue esperienze e dalla sua comprensione, e la sua ambizione è coerente con il tipo di ambizione che abbiamo sempre avuto nel corso di questa saga cinematografica: abbiamo sempre voluto creare film d’intrattenimento su larga scala, caratterizzati da un umorismo pungente e da un realismo emotivo che riescano a coinvolgere il pubblico”.Spielberg afferma: “Era un regista che condivideva le mie stesse sensibilità riguardo almontaggio, al ritmo, allo sviluppo dei personaggi e all’equilibrio tra le varie scene. Quindi ho pensato: se non sarò io a dirigere un altro film di Indiana Jones, dovrebbe essere James Mangold a farlo”.
Marshall è d’accordo e afferma: “Jim conosceva benissimo il personaggio di Indiana Jones, la serie e ciò che la faceva funzionare così bene. Basandoci sul lavoro che aveva svolto in passato e sui film che aveva diretto, eravamo sicuri che fosse la persona perfetta per dirigere questo film”.Mangold vide per la prima volta I predatori dell’arca perduta all’età di 17 anni all’Orange County Mall, nel nord dello stato di New York, proprio nel giorno d’uscita del film, il 12 giugno 1981: per il regista si trattò di un’esperienza indimenticabile. Fu conquistato dallo spirito spensierato di quest’avventura classica, che prendeva in prestito stili e tecniche dei primi decenni della storia del cinema. Era un mix in parti uguali di inseguimenti, scene al cardiopalma, scazzottate, romanticismo e umorismo, ma con una sensibilità unicamente moderna.Mangold rispettava e amava moltissimo ciò che Spielberg era riuscito a creare, e proprio per questo motivo non era sicuro di voler prendere le redini del progetto. Ha accettato di mettersi dietro alla macchina da presa soltanto quando gli è stato assicurato che avrebbe avuto a disposizione tutto il tempo necessario per creare un’avventura accattivante e degna della serie di Indiana Jones: il film del 1981 I predatori dell’arca perduta, il film del 1984 Indiana Jones e il tempio maledetto, il film del 1989 Indiana Jones e l’ultima crociata e il film del 2008 Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, che erano stati tutti diretti da Spielberg.Mettendosi al lavoro sulla sceneggiatura, Mangold è tornato a collaborare con gli sceneggiatori di Le Mans ‘66 – La grande sfida, Jez e John-Henry Butterworth, un duo acclamato la cui filmografia comprende anche Fair Game – Caccia alla spia, Get on Up – La storia di James Brown ed Edge of Tomorrow – Senza domani. Durante la creazione della storia si sono resi conto che era fondamentale mantenere tutte le qualità che avevano reso Indy un tale punto di riferimento per generazioni di spettatori.“Indiana Jones è un personaggio che riesce sempre a sorprenderci”, afferma Mangold. “Può essere egoista, può essere empatico, può essere coraggioso, può essere un codardo. E Harrison riesce a mostrare tutti questi elementi contraddittori contemporaneamente. Indiana Jones non è un eroe greco del monte Olimpo: è un personaggio estremamente umano. Credo che tutte le sue eccentricità, le sue ansie, le sue nevrosi e le sue debolezze facciano parte del suo fascino. Ma ha anche un superpotere: è incredibilmente fortunato”.Pur volendo onorare il personaggio, gli sceneggiatori sentivano che era importante anche offrire al pubblico qualcosa di entusiasmante e originale. Inoltre, volevano affrontare anche l’età del personaggio, dato che Ford avrebbe avuto 79 anni durante le riprese (pur essendo piuttosto energico). Quindi, hanno deciso di ambientare il film alla fine degli anni Sessanta, un periodo storico in cui un avventuroso eroe della Greatest Generation ispirato ai classici serial cinematografici degli anni Trenta e Quaranta sarebbe apparso come una sorta di cimelio storico. “La sfida più ovvia è il fatto di dover tornare allo stesso genere senza fare un recasting”, afferma Jez Butterworth. “Lo stesso attore che interpretava questo personaggio quando aveva una trentina d’anni è tornato a interpretarlo ora che si avvicina agli ottanta. Quello che molti consideravano uno svantaggio era in realtà il nostro vantaggio più grande. Volevamo sfruttare l’idea che ciò che accade verso la fine della storia di una persona può essere affascinante tanto quanto ciò che accade all’inizio di quella storia. Questo ha reso la storia più autentica, regalandoci una realtà che potevamo sfruttare. Quando sposi quest’opportunità, si aprono possibilità narrative di tutti i tipi”.Ford è rimasto molto colpito da questo approccio, che corrispondeva perfettamente alla sua innata comprensione del personaggio. “Non abbiamo evitato il fatto che Indy sia invecchiato di quarant’anni nel periodo in cui abbiamo raccontato la sua storia: anzi, lo abbiamo sfruttato”, afferma Ford. “Abbiamo affrontato le sue stesse sfide e siamo riusciti a dare a questa storia un’umanità e un calore molto reali. Per concepire il contesto in cui la storia si svolge, è stato svolto uno straordinario lavoro di immaginazione. È molto audace, entusiasmante e coraggioso”.All’inizio del film, Indiana Jones è giunto alla fine del suo cammino. Mentre si prepara ad andare in pensione come insegnante, trascorre le sue notti da solo in un modesto appartamento a New York. “L’Indiana Jones che incontriamo nel 1969 è il risultato di tutte le esperienze che abbiamo vissuto con lui negli altri film”, spiega Ford. “Questo è quello che accade quando sei un archeologo/professore malridotto e ti senti frustrato dalla tua carriera, è il tuo ultimo giorno prima della pensione e magari ogni tanto bevi un goccetto a metà della giornata. È abbattuto, cinico, ferito, ma le circostanze lo condurranno in una grande avventura in cui avrà la possibilità di una redenzione, e anche di un rinnovamento”.Mangold spiega: “Volevo che, all’inizio del film, il personaggio di Harrison fosse il più lontano possibile dall’Indy che conoscevamo, in modo che il pubblico si sentisse elettrizzato quando le circostanze lo avrebbero costretto a indossare nuovamente quel cappello. Il 1969 è un periodo in cui nessuno crede più negli eroi come Indiana Jones. Da molti punti di vista, l’avventura che abbiamo ideato è una resa dei conti tra un eroe vecchio stile e il mondo moderno, che è ambiguo e anche più cinico di lui”. L’ambitissimo reperto attorno a cui ruota la storia, il Quadrante di Archimede, è ispirato a un manufatto realmente esistente, la macchina di Anticitera. Un congegno meccanico che si pensava venisse utilizzato nell’antica Grecia per calcolare e mostrare informazioni sui fenomeni astronomici e che è stato descritto come il più antico esempio conosciuto di computer analogico. “Non appena ho capito che il film sarebbe stato incentrato sul tempo, sulle opportunità perdute, sulle scelte compiute, sugli errori irrimediabili, mi sono posto questa domanda: ‘Qual è l’unica cosa che ci consentirebbe di riparare il tempo stesso?’”,spiega Mangold. “Alcune ricerche in cui mi sono imbattuto ipotizzavano che la macchina di Anticitera, che si dice fu inventata da Archimede, fosse una sorta di bussola temporale”. Gli sceneggiatori si sono presi alcune libertà, fornendo alla loro versione della macchina di Anticitera una dose di magia in più, così da renderla un MacGuffin perfetto per la storia. “Il Quadrante di Archimede è un’idea importante e audace”, afferma Ford. “Credo sia una scelta geniale. Gli oggetti che avevamo utilizzato negli altri film avevano sempre un aspetto religioso: le Pietre di Sankara, il Santo Graal, l’Arca dell’Alleanza. Ma questo oggetto giocava con la natura stessa della scienza”. Deciso a recuperare l’oggetto, Indy lascia New York per ritrovare il Quadrante, ma non è l’unica persona a essere sulle tracce di Helena. Anche la vecchia nemesi di Indy, Jürgen Voller, è alla sua ricerca, sperando di entrare in possesso del Quadrante. “I migliori cattivi dei film di Indysono i nazisti”, afferma John-Henry Butterworth. “Se scriveste una lista delle cose che volete vedere in un film di Indy, al primo posto ci sarebbe Indy che si scontra con i nazisti e finisce pertrionfare. Cercare di capire come inserire i nazisti nel periodo storico in cui volevamo che si svolgesse la storia è stato un po’ come un cruciverba”. A questo scopo, i filmmaker hanno creato un prologo pieno d’azione ambientato nel 1944, in cui un Indy più giovane combatte contro alcuni nemici nazisti. “In questo caso, creare una sequenza molto elaborata in cui Indiana combatte contro i nazisti nel suo periodo di massimo splendore sarebbe stato come un miracolo”, afferma Mangold parlando del ragionamento degli sceneggiatori. “Avrebbe permesso agli spettatori di ricordare qualcosa che non vedevano da molto tempo. Inoltre, volevo avere l’opportunità di realizzare un film con Harrison da giovane. La mia ambizione mi ha spinto a provarci, quindi abbiamo scritto questa sequenza, una sorta di avventura molto elaborata che apre il film”.Mentre Indiana Jones e il Quadrante del Destino stava prendendo forma, Mangold ha chiesto spesso consigli al produttore Spielberg, che stava lavorando ai suoi film da regista, tra cui il dramma familiare intensamente personale del 2022 The Fabelmans. Insieme ai produttori Kennedy, Marshall e Simon Emanuel (Rogue One: A Star Wars Story, Solo: A Star Wars Story) e al produttore esecutivo George Lucas, Spielberg ha condiviso alcune delle sue idee creative con Mangold, che ha accolto con gioia tutti i suoi consigli riguardo a ogni aspetto della produzione. “I suoi istinti per la storia e il suo occhio per la messinscena sono incredibili”, afferma Mangold parlando di Spielberg, aggiungendo: “Tra tutti i consigli che mi ha dato, quello che è rimasto con me ogni giorno riguardava il ritmo: realizzare un film di Indiana Jones è un po’ come realizzare un trailer lungo come un film. Il film non deve mai fermarsi per troppo tempo, perché tutto il film è un po’ come un trailer che va avanti per due ore. E questo aforisma, quest’idea molto semplice, è rimasto con me”.
Fin dall’inizio, non c’era alcun dubbio che Ford sarebbe tornato a interpretare Indiana Jones. Questo ha permesso ai filmmaker di riunire un talentuoso gruppo di attori di supporto che avrebbero rispecchiato la professionalità e le doti dell’esperto attore e che sarebbero stati dei partner grandiosi per l’acclamato interprete. “Harrison ha sempre avuto un carisma unico”, afferma Kennedy che, insieme a Marshall, ha prodotto tutti i capitoli del franchise di Indiana Jones. “Non c’è nessuno come lui. Tutto ciò che fa è parte della persona che è. Non credo ci sia nulla di artificioso in quello che fa. Sta chiaramente interpretando un ruolo, ma come direbbe lui stesso, sta giocando. Sta fingendo. Sta facendo qualcosa che ha iniziato a fare molto tempo prima di diventare un attore. Credo che questo sia sempre stato il cuore delle sue interpretazioni, ed è per questo che gli spettatori si identificano con lui”.Il fondamentale ruolo di Helena Shaw è andato a Phoebe Waller-Bridge, la sceneggiatrice e attrice premiata con tre Emmy® Award divenuta famosa grazie alla sua acclamata serie comica Fleabag. Il personaggio aveva bisogno di qualcuno che fosse in grado di essere all’altezza di Indy, e Waller-Bridge, la cui filmografia comprende anche il memorabile ruolo del droide attivista L3-37 in Solo: A Star Wars Story, era la scelta ideale per il ruolo. Intelligente e affascinante ma pericolosamente imprevedibile, Helena non vede il suo padrino da anni. “È intensamente indipendente, sa di cosa ha bisogno per sopravvivere, ed è pronta a ottenerlo”, afferma Waller-Bridge. “Ed è sempre molto ironica e divertente”.Mangold paragona Waller-Bridge ad alcune grandi star della Golden Age di Hollywood come Katharine Hepburn e Barbara Stanwyck. “Credo che non abbia limiti”, afferma il regista. “Sai che dietro quegli occhi si cela un cervello estremamente astuto, una sorta di orologio svizzero, e faresti meglio a stare attento. È sveglia e rapida. Grazie alle sue qualità, era la persona perfetta per competere con Harrison. In ogni film, speri sempre di trovare una sorta di alchimia, una sorta di musicalità tra i tuoi attori: Harrison e Phoebe erano molto dinamici insieme”. Parlando di Ford, Waller-Bridge afferma: “È uno degli esseri umani più energici che io abbia mai incontrato. È incredibilmente intelligente e molto, molto divertente, prende decisioni eccezionali dal punto di vista recitativo e riesce a portare un’energia gloriosa sul set. È incredibilmente generoso, gentile e affettuoso. Ovunque vada, tutti sorridono”. Ford aggiunge: “Phoebe arricchisce questo personaggio con le sue grandi abilità comiche, oltre che con il suo calore genuino e la sua grande umanità. È un’attrice incredibile”.Per il ruolo di Jürgen Voller, i filmmaker hanno scelto l’esperto attore danese Mads Mikkelsen. Noto in tutto il mondo grazie al suo lavoro in blockbuster come Animali fantastici – I segreti di Silente, Rogue One: A Star Wars Story, Doctor Strange e CasinoRoyale, oltre che nella serie televisiva Hannibal, Mikkelsen ha anche offerto interpretazioni memorabili in drammi come il film premiato con l’Oscar® Un altro giro, in cui vestiva i panni di un insegnante delle superiori in preda all’alcolismo. Mangold loda Mikkelsen, definendolo “un attore estremamente potente e tenace che si è impegnato al 100% per questo ruolo”.Anche se Voller è chiaramente il cattivo del film, Mangold e Mikkelsen non volevano che il personaggio apparisse troppo caricaturale. “Abbiamo cercato di evitare il tipico cliché del tedesco o del nazista completamente folle con un accento esagerato”, spiega Mikkelsen. “Volevamo rappresentarlo come un uomo che si era mimetizzato una volta giunto in America, essendo principalmente uno scienziato. Voller è pragmatico. È un personaggio contenuto. È una persona che non noteresti per strada”. Ford osserva: “Mads è un attore per cui nutro un’incredibile ammirazione, sia per la sua energia che per il suo coinvolgimento nel processo attoriale”. Lo scagnozzo neonazista di Voller, Klaber, è interpretato dall’attore Boyd Holbrook, che aveva già lavorato con Mangold in Logan – The Wolverine ed è apparso in film come The Predator e L’amore bugiardo – Gone Girl e serie televisive come The Sandman, The Fugitive e Narcos. “Diventa il tirapiedi di Voller, ma è anche una sorta di opportunista che vuole assumere un ruolo di primo piano in questa grande impresa a cui Voller sta dando inizio”, afferma Holbrook. “Klaber si trova lì per servire questi scopi”.Ma Indy ha anche alcuni alleati fondamentali dalla sua parte. Mangold osserva: “Da un film di Indiana Jones, ci aspettiamo anche un vivace serraglio di personaggi amichevoli che incontriamomentre viaggiamo per il mondo”.Lo stimato attore spagnolo Antonio Banderas, candidato all’Academy Award® nel 2020 grazie alsuo ruolo nel film di Pedro Almodóvar Dolor y gloria, interpreta Renaldo, un marinaio amico di Indy a cui quest’ultimo si rivolge quando ha bisogno di un esperto sommozzatore in Grecia. “Ora Renaldo fa il pescatore, ma in passato era probabilmente un partigiano che combatteva per la libertà, forse durante la guerra civile spagnola o più tardi, durante la Seconda guerra mondiale”, afferma Banderas. “Renaldo è un uomo coraggioso e anche un po’ pazzo, ma in senso buono. Ed è un amico leale per Indy. Credo che, in questo particolare periodo storico, Indy ne abbia bisogno”.John Rhys-Davies (la trilogia de Il Signore degli Anelli) torna a interpretare l’iconico ruolo dell’amico di vecchia data di Indy, Sallah, il fedele e allegro scavatore già apparso ne I predatori dell’arca perduta e Indiana Jones e l’ultima crociata. Quando lo incontriamo ne Il Quadrante del Destino, si è stabilito negli Stati Uniti e si guadagna da vivere lavorando come tassista a New York City.Cordiale e premuroso come il suo personaggio, Rhys-Davies è stato felicissimo di vedere Sallah cavalcare ancora una volta al fianco di Indy. “È meraviglioso essere tornato ed è meraviglioso essere nell’orbita di questo sole grandioso”, afferma, aggiungendo “Indiana Jones non ha cambiato soltanto la mia vita: ha cambiato per sempre la natura del cinema”. Parlando di Rhys-Davies, Mangold osserva: “È un attore con una solennità incredibile, ma ha anche una bellissima risata e un senso di leggerezza. Ed è un complemento perfetto per Harrison”.Helena ha un socio tutto suo di grande aiuto, Teddy, interpretato dall’attore francese sedicenne Ethann Isidore nel suo esordio cinematografico. Isidore, che aveva 14 anni durante le riprese, descrive il suo personaggio come “pieno di risorse e tosto, sa come comportarsi e come cavarsela in qualsiasi situazione. Pensa di essere un adulto e crede di essere la persona migliore del mondo, il che è vero. È il migliore amico di Helena, quindi non prova molta simpatia per Indiana Jones all’inizio. Credo che Teddy abbia una cotta per lei”.Il padre di Helena, Basil Shaw, che appare nell’avvincente scena d’apertura del film, è interpretato dall’attore britannico Toby Jones, noto per il suo lavoro nei film La talpa, Hunger Games, Captain America – Il primo Vendicatore, Jurassic World – Il regno distrutto e molti altri ancora.Anche se il personaggio non era mai stato raffigurato sullo schermo prima d’ora, Basil è un archeologo e un professore che insegnava a Oxford ed è uno dei più vecchi e cari amici di Indy, un uomo che è stato il suo “compare” per decenni. “Sono legati da un affetto sincero”, afferma Jones parlando del rapporto tra Basil e Indy. “Ovviamente condividono la stessa fascinazione per il passato, ma le scene in cui appariamo insieme mostrano che sono molto legati, e che Indy è molto preoccupato per me”.Tuttavia, quella preoccupazione potrebbe non essere sufficiente a proteggere Shaw dalpersonaggio interpretato da Thomas Kretschmann, il Colonnello Weber, l’uomo che guida le operazioni di Hitler per depredare opere d’arte e reperti storici nei territori occupati dai nazisti e spedirli in Germania. Pur interpretando una figura formidabile, l’attore nato in Germania Est (King Kong, Il pianista, U-571) si è sentito un po’ intimidito nelle sue prime scene accanto a Ford. “Harrison è alto come me, ed è molto slanciato”, afferma Kretschmann. “Eppure, mentre era seduto di fronte a me, pensavo ‘È così alto!”. Indossavo la mia uniforme da nazista ma mi sentivo come un bambino. È stato un po’ intimidatorio. Non ha fatto nulla di minaccioso, ma la sua presenza era davvero straordinaria”.Il cast principale è completato da Shaunette Renée Wilson (Black Panther, Billions) nel ruolo dell’agente Mason, un’agente della CIA a caccia di Indy; e Olivier Richters (Black Widow, The King’s Man – Le origini) nel ruolo di Hauke, lo scagnozzo di Voller.

(L-R): Indiana Jones (Harrison Ford) and Helena (Phoebe Waller-Bridge) in Lucasfilm’s INDIANA JONES AND THE DIAL OF DESTINY. ©2023 Lucasfilm Ltd. & TM. All Rights Reserved.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino è stato girato in location in Marocco, Sicilia, Scozia e Inghilterra, oltre che nei Pinewood Studios proprio fuori dal centro di Londra. Per lavorare con lui nel film, Mangold ha reclutato una squadra esemplare di talenti creativi: il gruppo comprendeva lo scenografo Adam Stockhausen, il direttore della fotografia Phedon Papamichael, la costumista Joanna Johnston, lo special effects supervisor Alistair Williams e il visual effects supervisor Andrew Whitehurst. Insieme, hanno sviluppato le maestose immagini del film e le sue incredibili sequenze d’azione, tra cui le scene più colossali del film: la sequenza sul treno nel 1944; l’inseguimento a cavallo attraverso la parata, che arriva fino alla metropolitana di New York; un frenetico inseguimento a bordo di alcuni tuk tuk per le strade di Tangeri; un’immersione subacquea piena di tensione in Grecia; e lo spettacolare climax del film. Per restare fedele alle atmosfere di un film di Indiana Jones, la produzione ha visitato il Nord Africa, la Sicilia e diversi luoghi del Regno Unito per catturare gli spettacolari panorami che avrebbero fatto da sfondo a questa travolgente avventura. “È essenziale”, afferma Harrison Ford. “Bisogna visitare molti luoghi sparsi in tutto il mondo. Bisogna percepire quei luoghi ed essere in grado di sentirne l’odore, in un certo senso. Per questo, volevamo utilizzare il maggior numero possibile di set reali, di location reali con culture diverse e atmosfere differenti”. Lo scenografo Adam Stockhausen, un premio Oscar® noto per le sue collaborazioni di lunga data con Wes Anderson (Grand Budapest Hotel, Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore, The French Dispatch) e Steven Spielberg (West Side Story, Ready Player One, Il ponte delle spie), aggiunge: “Credo sia una delle cose che rendono speciali questi film: trovarsi davvero in un posto è molto diverso dal fingere di trovarsi lì. Un luogo reale porta con sé una grande dose di autenticità e ci consente di costruire momenti sorprendenti sfruttando elementi che non avremmo mai immaginato di costruire in un set”. In ogni caso, Stockhausen si è sforzato di rispecchiare la magnificenza visiva delle location reali con i giganteschi e dettagliatissimi set che ha costruito all’interno dei Pinewood. L’esplosiva sequenza d’apertura è un esempio perfetto del modo in cui il film è riuscito intelligentemente a sposare location impressionanti – tra cui il castello di Bamburgh e la stazione ferroviaria della North Yorkshire Moors Railway, in Inghilterra – con gli inventivi design di Stockhausen. In questa scena d’azione notturna, il giovane Indy cerca di salvare il suo amico Basil Shaw da alcuni nazisti che lo hanno rapito a bordo di un treno in corsa. “Volevo dare agli spettatori ciò che desideravano fin dall’inizio, quindi abbiamo deciso di concederci questa classica esperienza in stile Indiana Jones”, afferma Mangold. Stockhausen ha svolto estensive ricerche sui treni di quel periodo storico, ispirandosi a fotografie d’archivio per i vagoni individuali. Il vagone comunicazioni del comandante comprende rivestimenti a pannelli in noce e impianti e plafoniere di lusso: tutti questi elementi erano ispirati al treno privato di Hitler durante la guerra, il Führersonderzug. Il vagone in cui si trova il tesoro è un carro merci in legno con portelloni e finestrini rinforzati, e contiene una scorta di vari oggetti che comprendono copie di alcune delle vere opere d’arte e degli autentici reperti storici trafugati dai nazisti.Tra gli oggetti troviamo una ricostruzione della Lancia di Longino, nota anche come Lancia del Destino, la presunta arma che trafisse il fianco di Gesù mentre era crocifisso sul monte Golgota. C’era anche una copia dei gioielli della corona imperiale del Sacro Romano Impero, che furono rubati dai nazisti nel 1938 e nascosti nei tunnel sotto al castello di Norimberga, per poi essere recuperati dopo la Seconda guerra mondiale. Ovviamente, uno degli aspetti più complessi di questa sequenza incredibilmente complicata comprendeva il “ringiovanimento” del settantanovenne Ford, che avrebbe dovuto apparire come un trentasettenne. Il visual effects supervisor Andrew Whitehurst di Industrial Light & Magic (ILM) si è unito ai filmmaker durante le prime fasi di pre-produzione per aiutarli a pianificare tutti gli effetti visivi del film: il suo obiettivo era quello di creare esattamente ciò di cui la storia aveva bisogno senza attirare troppo l’attenzione sugli elementi computerizzati (CG), che comprendevano ambienti completamente digitali, molteplici estensioni computerizzate per i set e le location, complesse animazioni di creature, e simulazioni di fenomeni atmosferici naturali. Tuttavia, riportare indietro nel tempo Indiana Jones in persona è stata indubbiamente l’impresa più complessa per i responsabili degli effetti visivi di ILM. Se il risultato finale non fosse apparso credibile, tutta la sequenza d’apertura sarebbe stata un fallimento. Fortunatamente, l’effetto era perfetto. Per portare a termine questa impresa, ILM ha utilizzato una combinazione di tecniche proprietarie che comprendevano una tecnologia allo stato dell’arte per la sostituzione dei volti (ILM FaceSwap), che sfrutta ogni sfumatura dell’interpretazione di un attore. Attraverso una combinazione di abilità artistiche e l’utilizzo di strumenti ad apprendimento automatico gestiti dagli artisti, le interpretazioni facciali eseguite da Ford sul set sono state inserite su una versione digitale del volto dell’attore. Gli artisti di ILM avevano accesso al vasto archivio di Lucasfilm, che conteneva tutti i filmati di Harrison Ford girati per i precedenti film di Indiana Jones. Utilizzando questa nuova tecnologia e il catalogo di immagini d’archivio, sono riusciti a creare una versione molto convincente di Indiana Jones da giovane. “ILM ha creato un sistema che mi ha permesso di avere a disposizione in sala di montaggio la versione ‘giovanile’ di Harrison due giorni dopo aver terminato le riprese della sequenza iniziale”, afferma Mangold. “Era evidente che questa tecnologia era riuscita ad acquisire ciò che Harrison stava facendo, dunque il risultato finale proveniva dalla sua anima. Era lui a guidare le espressioni, l’intensità e la passione del personaggio”. Dopo il prologo, il film fa un salto in avanti nel tempo, spostandosi nell’agosto del 1969, quando circa 4 milioni di persone si riversarono per le strade di Manhattan per festeggiare il ritorno degli astronauti della NASA Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Mike Collins e il successo della missione sulla Luna dell’Apollo 11. Mettere in scena la parata e l’inseguimento successivo è stata una sfida enorme che ha richiesto una considerevole quantità di preparazioni a Glasgow, in Scozia, che ha sostituito Manhattan. “Avevamo bisogno di una location per la sequenza dell’inseguimento e della parata, che parte dalla zona est del centro di Manhattan e arriva fino all’Hunter College, e le dimensioni degli edifici di Glasgow erano davvero perfette”, afferma Stockhausen. Stockhausen ha esaminato diversi filmati e fotografie dell’epoca, soprattutto le fotografiedell’America degli anni Settanta scattate dal fotografo Stephen Shore, per capire come decorare le strade e quali veicoli includere nella parata. “Abbiamo trovato diverse cose divertenti nelle fotografie e nelle immagini, e abbiamo deciso di utilizzarne alcune nella scena”, afferma. “Ad esempio, c’è una station wagon senza portellone posteriore che trasporta una troupe televisiva: sono dettagli davvero divertenti perché sono molto specifici e autentici. È tutto vero. Abbiamo aggiunto anche altri elementi ideati da noi, come ad esempio carri allegorici e pezzi che non erano presenti nella parata originale, ma l’ossatura proviene dalla parata vera e propria”. Il supervisore dei veicoli Alex King era determinato a includere la Chrysler Imperial Parade Phaeton del 1952, che trasportò Armstrong, Aldrin e Collins attraverso la parata fino a Broadway. Ma furono realizzate soltanto tre versioni di questa automobile, quindi King è stato costretto a procurarsi una Chrysler simile, rimuovere il tettuccio e dipingerla di nero. La squadra ha trascorso quasi tre settimane a decorare l’arteria principale di Glasgow, St. Vincent Street, che è stata quindi chiusa al pubblico per sette giorni, durante i quali si sono svolte le riprese. “Non si può entrare in un’area metropolitana centrale e impadronirsene per tre mesi”, spiega Stockhausen. “Bisogna lavorare in un periodo di tempo molto ridotto, per poi andarsene e lasciare che le persone tornino alla loro vita di tutti i giorni. Dunque, abbiamo cercato di affrettarci il più possibile a decorare la strada, installando tutti i segnali stradali e le bandierine. È stato un processo davvero rapido”. Fortunatamente, anche il meteo ha collaborato. Durante le riprese di questa sequenza, che coinvolgeva più di 1000 comparse che interpretavano le persone presenti alla parata e i manifestanti che protestavano contro la guerra del Vietnam, il cielo era azzurro e il sole splendeva: è stato un dono del cielo per Papamichael, che voleva che questa sequenza fosse variopinta e vivace per rappresentare un contrasto con il prologo ambientato nel 1944. Il cambiamento della tavolozza cromatica indica quanto il mondo sia cambiato attorno a Indy.

I commenti sono chiusi.